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martedì, 24 Dicembre, 2024

Nel Parco Archeologico Pompei nascerà un’azienda agricola e produrrà vino biologico

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di Martina Grandori

Provare a scrivere una pagina innovativa della gestione del sistema dei beni culturali partendo dalla campagna: è il progetto Azienda Agricola Pompei, non il primo che vede coinvolto il sito archeologico patrimonio UNESCO ma il primo che mira a produrre in proprio un vino e prodotti agricoli. Regista di questo cambio il direttore e archeologo Gabriel Zuchtriegel. L’idea è semplice: coltivare negli spazi verdi di Pompei, Stabiae, Boscoreale e nel Polverificio borbonico di Scafati la vite e con l’uva raccolta nelle aree archeologiche produrre un vino pompeiano, in fondo in quella zona il vino si produceva anche ai tempi dei romani. Il bando è aperto fino al 26 agosto e richiede ad un partner privato (con almeno 5 milioni di fatturato negli ultimi 5 anni e discepolo del biologico) in grado di co-gestire i terreni destinati a vigneto e il ciclo produttivo del vino, la zona ai tempi della prima eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. era già un’azienda agricola e un’importante produttore di mosto.

Complessivamente il Parco archeologico comprende 100 ettari di terreni agricoli che hanno un potenziale inespresso, fino ad adesso non ci sono stati progetti pilota precedenti, ma la caratura di queste terre ha tutte le carte in regola per fare i numeri giusti. Si coltivrà nella forma di allevamento a palo e alberello, sia a spalliera sia su terrazzamenti, facendo molta attenzione all’aspetto paesaggistico, si è in un contesto museale. Ad essi saranno aggiunti un impianto per la produzione, rispettando il disciplinare del biologico, imbottigliamento e affinamento, fino alla vendita all’interno del Parco archeologico. Obiettivo di quella che sarà l’Azienda agricola Pompei, commercializzare un’etichetta unica al mondo,  grazie ai romani Pompei assunse un’importanza enologica molto elevata, diventando il punto di riferimento per il commercio di vino. È alle viti impiantate ai tempi vicino al Vesuvio a cui oggi dobbiamo il Lacryma Christi.

“In questo modo recuperiamo antiche coltivazioni. Oltre al vino possiamo pensare a produrre miele, olio e frutta. E allo stesso tempo, liberiamo il Parco dagli oneri per la manutenzione di ampie aree verdi incolte. Lavoriamo a un marchio di qualità del Parco per il recupero delle aree agricole abbandonate attorno ai siti archeologici. L’archeologia senza il paesaggio diventa un’altra cosa”. ha dichiarato il Gabriel Zuchtriegel, direttore di Sito da aprile 2021.

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