Pochi giorni fa è stata pubblicata la NADEF, acronimo di Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, che va ad aggiornare il DEF presentato ad aprile sulla base dei dati giunti durante l’anno, modificando una serie di previsioni sugli andamenti economici quali le variazioni del PIL, l’andamento dei tassi di interesse, l’inflazione ecc.
L’insieme di questi dati costituisce la cornice su cui si andrà a definirsi il bilancio dello Stato per il prossimo anno. Se, per esempio, si prevede un aumento del PIL, ciò implicherà l’aumento delle entrate fiscali, così come, se si prevede un livello dei tassi di interesse più alto, si dovrà mettere in conto un aumento della spesa per interessi. Per questo motivo la NADEF è uno dei documenti più importanti dello Stato italiano.
Chi ha seguito anche distrattamente le vicende dell’economia italiana avrà notato come le previsioni sull’incremento del PIL abbiano subito costanti revisioni al ribasso. È visto ancora positivo, ma da una stima ottimistica dell’1,2% si è passati ad uno 0,8%. Tra l’altro, proprio un paio di giorni fa, l’FMI ha stimato nello 0,7% il rialzo del PIL sia nel 2023 che nel 2024. Un PIL più basso implica entrate fiscali più basse, un deficit maggiore e un incremento del debito pubblico conseguente. Il governo, per venire incontro ai redditi più bassi falcidiati dall’inflazione e per rispettare le promesse fatte in campagna elettorale, ha deciso di aumentare il deficit per l’anno 2024 per finanziare la riduzione del cuneo fiscale ed eliminare l’aliquota IRPEF del 25% accorpandola a quella al 23%. Quest’ultimo provvedimento oltre a consentire un risparmio per i cittadini rappresenta una semplificazione, perché si passerebbe dalle attuali 4 aliquote a 3, con facilitazioni dei calcoli e dei relativi programmi informatici che aiutano il lavoro dei commercialisti. Può sembrare una piccola cosa, ma da qualche parte bisogna iniziare per semplificare. Per recuperare parte delle risorse si sta pensando di ridurre le detrazioni per i redditi sopra i 100.000 euro. Adesso questo limite è di 120.000. Quest’ultima sembra una misura ragionevole, non solo perché colpisce redditi importanti, ma sempre nell’ottica della semplificazione che riduce gli adempimenti per quella fascia di reddito, anche se con un costo.
Perdere tempo e tenere ordine una serie di documenti permette di avere un vantaggio economico, ma se si è benestanti si può ragionevolmente pensare che si preferisca usare il proprio tempo in attività più piacevoli che stare a raccogliere ricevute e fatture. Per chi guadagna poco anche detrarre poche decine di euro può essere utile e pertanto impiegare del tempo a tenere ordine la documentazione ha un suo vantaggio, ma chi ha reddito elevato può pensare di trascurare i pochi euro e passare il tempo in altre piacevoli attività.
Nonostante negli anni si siano fatte tante chiacchiere su austerity e spending review, le spese dello Stato sono state sempre in aumento e ciò si è riflesso sul debito pubblico che è continuato a crescere fino all’astronomica cifra di circa 2800 miliardi di euro, pari ai valori attuali al 140% del PIL. La riduzione del rapporto debito/PIL è rimandata al futuro. A queste evidenze bisogna adesso aggiungere l’instabilità in Medioriente con le ripercussioni sui prezzi di petrolio e gas che potrebbero riaccendere l’inflazione. In più c’è stato il danneggiamento del gasdotto Baltic Connector in Finlandia che ha contribuito a riscaldare i prezzi del gas. In un certo qual modo la NADEF nasce già vecchia per queste notizie improvvise e imprevedibili. Considerata l’attuale instabilità del quadro internazionale sarebbe il caso che nel bilancio dello stato fosse previsto un incremento delle spese militari, che tutti vorremmo azzerate, ma come è evidente il mondo là fuori non ne vuole sapere di essere un posto tranquillo.
di Vito Foschi