di Roberto Donghi
Un’ondata verde ha travolto i comuni principali al secondo turno delle elezioni locali francesi: Marsiglia, Bordeaux, Lione, Strasburgo, Besançon e Tours, le grandi città che hanno visto la vittoria di un partito che, dopo l’evaporazione di Greta Thumberg, davamo tutti sulla via di un lento tramonto.
Il Parti Socialiste resta in sella a Lille e Parigi, ove è stata rieletta sindaco Anne Hidalgo, la donchisciottiana (nomen homen) famosa per aver rimosso le colonne Morris, aver fatto la guerra ad Uber e poi ad Airb&b.
Il centro destra, invece, conserva con Les Républicains i comuni di Nizza, Tolosa e Limonges, mentre il Rassemblement National (ex Front National) di Marine le Pen conquista Perpignano (Occitania-Pirenei), il comune più grande nel quale sia mai riuscito a vincere.
Sconfitta annunciata, invece, per il partito presidenziale. Dopo l’inaspettato risultato alle europee, la République en marche crolla davanti alla vague verte riuscendo a trionfare, tra le grandi città, solo a Le Havre, ove l’attuale primo ministro Éduard Philippe è stato ampiamente riconfermato come sindaco. L’unica gioia del presidente, il quale certo non si aspettava buoni risultati, è stata quella di vedere eletti per la prima volta dei consiglieri comunali del suo partito in alcuni dei 4.820 comuni al voto.
Il vero grande vincitore, però, è l’astensionismo. Se già il coronavirus aveva messo alla prova il primo turno delle comunali del 15 Marzo, questo secondo turno ha visto il record negativo assoluto di affluenza alle urne, di quella che fino a ieri era considerata “l’elezione preferita dai francesi”. Il 60% degli aventi diritto al voto non si è presentato alle urne, complice il timore del contagio ma anche, e soprattutto, la mancanza d’interesse politico.
Se i partiti e le coalizioni di sinistra sono riusciti ad avanzare, è deducibile che il vero problema dell’offerta politica arrivi dal centrodestra e che una maggioranza silenziosa di elettori, a questo giro, abbia gettato la spugna abbandonando i diversi partiti che il ventaglio politico francese offre in quell’area.
Il partito presidenziale, lo abbiamo già scritto in altre analisi, soffre della completa assenza di un livello locale e le ultime spinose questioni nazionali (riforma delle pensioni, tagli dovuti al covid19, ecc) non hanno di certo aiutato il presidente Macron. Altri partiti di area, quali Les Républicains (ex UMP di Chirac e Sarkozy) non hanno il carisma ed il leader per poter sfondare e compattare un’area liberale frammentata e persa, e si accontentano di tenere nelle proprie roccaforti.
Uno scenario per certi versi simile al nostro, con gli astenuti che aumentano di anno in anno, ma diverso nelle forme e nelle richieste. Se l’elettore italiano si accontenta oramai di risposte semplicistiche e soluzioni sconnesse dalla realtà, l’elettore francese, come afferma Roland Dumas, già Ministro degli Esteri e già Presidente del Consiglio di Stato, “non è più disposto a tollerare la sconnessione della realtà e l’ignoranza”[i] nell’affrontare le sfide del mondo odierno.
[i] Alessandro Figus “La Quinta Repubblica Francese – società, istituzioni, politica”, Carrocci, Roma 2017, p.8.