Quando si decide di scrivere una sceneggiatura su un soggetto già abbondantemente utilizzato, ci si assume un rischio non da poco. Se si rimane nei canoni soliti e conosciuti del soggetto si rischia di scrivere una storia noiosamente trita e ritrita, priva di originalità e di spunti di interesse. Se invece si apportano delle sostanziali modifiche si rischia di stravolgere il soggetto in modo troppo azzardato perdendo il fascino dell’originale.
A questi rischi sfugge Bill Condon con il suo film “Mr. Holmes, il mistero del caso irrisolto”, da qualche giorno nelle sale. Il protagonista non si occupa più di indagini, ma vive in una casa di campagna dove alleva api. Ormai vecchio, passa le giornate con la governante e il suo giovane figlio, Roger, che non chiede altro se non poter imparare il più possibile da Holmes.
Il piccolo Eden del vecchio Sherlock ha però il suo serpente: qualcosa tormenta il protagonista. Si tratta dell’ultimo caso che l’investigatore aveva affrontato, trent’anni prima, caso che Holmes non aveva portato a termine con il successo per lui usuale. Qualcosa era andato storto, portando a conseguenze di una tale gravità da indurlo a lasciare la professione per ritirarsi in campagna. Holmes, però, non riesce più a ricordare quei fatti lontani e soffre all’idea di non poterli ricostruire. Prima di morire, il novantatreenne Sherlock Holmes vorrebbe riuscire a chiudere il caso e a far pace con se stesso.
Il film si dipana elegantemente tra i ricordi del caso irrisolto, che affiorano nella memoria del protagonista, e la vita nella casa di campagna, fatta di passione per le sue arnie, di giornate passate a insegnare come allevare le api al giovane Roger, di acciacchi vari dovuti all’età e degli sforzi fatti per vincere una memoria sempre più fallace, che lo costringe ad annotare il nome del ragazzo sul polsino della camicia.
Le scelte di Condon si sono rivelate felici. Il ritmo del film, piuttosto lento e riflessivo, ricorda le pellicole classiche (“Il mastino dei Baskerville”
uscì nel 1939), dando allo spettatore la possibilità di assorbire ogni particolare della trama, semplice ma mai banale, e delle riflessioni dei personaggi. Anche le ambientazioni, tanto delle scene londinesi, quanto di quelle di campagna, sono state scelte con cura, creando un quadro dell’Inghilterra elegante e raffinata dove si muove l’intellettuale Holmes. Passiamo così dalla campagna verde e pianeggiante, con il mare e le scogliere bianche sullo sfondo, ai giardini fioriti di Londra dove iris e rose la fanno da padroni.
Ottima la recitazione di Ian McKellen (Sherlock Holmes), bravissimo a interpretare gli acciacchi della vecchiaia, con tutti gli annessi e connessi. Bravi anche gli altri interpeti, tutti all’altezza. Una nota speciale va al giovane Milo Parker (classe 2002) che interpreta Roger, l’intelligente e curioso figlio della governante di Holmes.
Un film interessante, che attraverso le debolezze senili di Holmes, riesce a restituire il personaggio alla sua umanità. Da vedere.
Enrico Proserpio