di Stefano Sannino
Meno, ma se ne vedono ancora tanti di cappellini in canvas con logo Gucci e l’inconfondibile banda in gros grain rossa e verde. Ma anche zainetti in nylon nero con l’etichetta Prada e portafogli con il monogram Louis Vuitton stampato. La falsificazione dei beni creativi ed intellettuali delle piccole-medie e grandi aziende non è certo una novità nel mondo dell’abbigliamento e della manifattura: si stima infatti che ogni anno questo “inganno etico” costi al settore circa 5,2 miliardi di euro ed alla sola manifattura 1,3 miliardi di euro per le mancate vendite ai consumatori usuali, i quali vengono invece attirati – talvolta a loro insaputa, ma più spesso (bisogna dirlo) con il loro favore – dai prezzi più bassi dei prodotti contraffatti.
La contraffazione però, è un problema molto serio che andrebbe combattuto con normative europee rigide ed unitarie, perché danneggia non solo le grandi aziende del settore moda, ma anche perché attacca senza pietà le piccole-medie imprese, che fanno della ricerca creativa il loro investimento principale e che spesso non hanno però gli strumenti per difendersi da questo fenomeno. È, ad esempio, il caso dell’oreficeria: quasi il 7% del fatturato annuo del settore, pari quindi a 7,5 miliardi di euro, sembra essere attaccato dalla contraffazione, esponendo ad un altissimo rischio di fallimento i piccoli artigiani che hanno fatto di questo mestiere la loro vita.
Ma il dramma della contraffazione non si esaurisce con la perdita economica, in quanto sempre più spesso aziende cinesi che importano prodotti in Italia, fanno uso di parole della nostra lingua o di immagini tradizionalmente associate al Bel Paese, per ingannare inconsciamente l’acquirente e per fargli credere che il prodotto sia loro proprietà intellettuale e made in Italy, cosa che – ovviamente – non è.
E se la concorrenza sleale è sempre esistita e sempre esisterà anche nel mondo della moda, dove le grandi aziende copiano e rubano le idee dei piccoli artigiani o dei piccolo designer, la contraffazione fa perdere tutti: artigiani, designer, piccole aziende e grandi multinazionali, ma sopratutto il consumatore stesso, che non avrà mai un prodotto rispettoso delle normative e degli standard europei e la cui lavorazione non ha seguito alcuna normativa etica o ecologica. Comprare prodotti contraffatti significa sostenere tutto questo e sostenere tutto questo, significa inevitabilmente impoverire il mondo.