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giovedì, 19 Dicembre, 2024

MILIONI D’ITALIANI RINUNCIANO A VISITE MEDICHE PER LA CRISI. Non tutti possono permettersi il privato

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di Gabriele Rizza

Nel 2020, i ritardi e i disservizi della sanità pubblica hanno spinto gli italiani a rinunciare o a rimandare le visite mediche, per sfiducia o per paura del contagio. È un dato che riguarda circa 30 milioni di persone, pari al 68,6% della popolazione italiana, come riportato da un’indagine commissionata da Facile.it e Prestiti.it. L’allarme non sta solo nella rinuncia, ma anche a come sono arrivati  7 milioni di italiani a permettersi una visita in una struttura privata al prezzo medio di 292 euro per visita: se il 73,2% di chi è ricorso alla sanità privata ha pagato usando i propri risparmi e il 16,6% ha fatto ricorso ad un’assicurazione sanitaria, 2,2 milioni di pazienti, pari al 9,1% del campione, sono ricorsi a prestiti di amici, conoscenti o finanziarie, e qui si pone anche la paura di molti, ossia di quanto la criminalità organizzata possa aver approfittato dello stato di disperazione di tante famiglie. La soluzione del prestito è più frequente al Sud e nelle Isole, dove la percentuale arriva all’11,9%, sintomo di come le crisi economiche siano tutt’altro che progressive e proporzionali al reddito, chi è già in ginocchio viene messo supino a terra.

L’ampio e prevedibile ricorso alle strutture private è testimoniato dagli slittamenti medi delle visite già prenotate nelle strutture sanitarie pubbliche: il dato da incubo riguarda le visite oncologiche e cardiologiche e ginecologiche, dove i ritardi sono stati in media di 68 e 72 giorni, un tempo lunghissimo per due branche della medicina dove la prevenzione gioca un ruolo pari alle cure. C’è anche di peggio, nel complesso il 68% delle visite sono state rimandate a data da destinarsi.

E come se non ci fosse fine alle brutte notizie, dall’indagine è emerso un balzo indietro nel tempo: tre milioni di italiani non hanno avuto la possibilità economica di ricorrere a visite o a cure mediche. Numeri con dietro storie che, a distanza di un anno dall’inizio della pandemia, un paese come l’Italia non può accettare, per etica e morale e anche per una strategia di spese: chi non ha possibilità di prevenire o curare un male ai primi sintomi, si riverserà prossimamente con urgenza nei reparti ospedalieri pubblici. I numeri vanno letti oggi ma interpretati per il domani.

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