Anche questa volta i soccorsi sono arrivati ad esondazione avvenuta. Strade completamente allagate. Sottopassi bloccati, traffico in tilt, metropolitana allagata, auto,case e giardini invasi dall’acqua. Una città messa letteralmente in ginocchio. I fiumi maledetti colpivano ancora dopo quattro giorni dalla precedente esondazione.
Sembrava di essere a Venezia. Zona Niguarda, zona Garibaldi e il quartiere Isola trasformati in una enorme piscina. Vigili del Fuoco, Polizia Locale e Protezione Civile alla massima allerta. Ottocento chiamate in pochissime ore da parte dei cittadini increduli e spaventati da quello che stava accadendo.
Un fiume in piena. Milano non è abituata a simili eventi e nessuno si è adoperato ad illustrare cosa fare, come proteggersi da una tale emergenza, prima che ciò accadesse. Strade bloccate dalla Polizia Locale senza alcun piano di emergenza su dove convogliare il traffico, l’importante era impedire di entrare nella zona colpita dall’esondazione, provocando un ingorgo colossale. Preciso l’intervento delle autorità preposte, ma insufficiente. Eppure la centrale operativa del Comune, C.O.C. era in pieno allarme, già dal giorno precedente.
La rabbia del cittadino esplode; a luglio i residenti avevano pubblicato sui social network la foto di un gommone che sfidava le acque, con l’intento di sollecitare il Sindaco, l’Assessore e la Pubblica Amministrazione a intervenire. Ma nulla è stato realizzato per evitare che tutto ciò riaccadesse. Siamo esausti, questa situazione non finisce mai, commentano i negozianti delle zone colpite dalla melma che ha invaso cortili, auto e negozi. Non ce la facciamo più, siamo allo stremo. Anche costruire argini improvvisati con sacchi di sabbia e assi di legno è stato inutile.
Prevenire è possibile? Risolvere è un dovere?
Lo chiediamo ai nostri lettori, per dare spazio a chi ci legge.
Angelo Claudio Ottaviani MDP