Oggi, a Milano, in piazza della Scala, si è tenuta una manifestazione per i diritti glbt, a sostegno delle unioni civili e del matrimonio egalitario. Questa manifestazione, che ne ha viste molte altre, di identica natura, in diverse città italiane, si è resa necessaria vista la continua propaganda d’odio degli omofobi che culminerà, sabato prossimo, con il “family day” di Roma, dove omofobi e bigotti di ogni specie sfileranno l’uno accanto all’altro con il comune intento di negare diritti alle persone glbt. Già, perché questo è il vero scopo della manifestazione: discriminare e vietare, negare diritti e dignità a chi è “diverso” dal loro modello di famiglia e di affettività. Non ci dicano infatti i soliti Adinolfi, Miriano, Giovanardi e simili che la loro intenzione è quella di “difendere la famiglia tradizionale”. Perché ciò fosse vero, bisognerebbe che tale famiglia fosse in pericolo e invece, se ne facciano una ragione, non corre nessun rischio. O, meglio, nessuno che venga dalle persone o dai diritti glbt. Per quanto ci riguarda, nessuno vuole vietare alle coppie eterosessuali di sposarsi, anche in chiesa, di vivere secondo i dettami del cattolicesimo, di non usare preservativi ecc. Nessuno vuole negare alle donne che sfileranno sabato a Roma di starsene sottomesse al marito, così come insegna Costanza Miriano. Nessuno vuole obbligare nessuno a sposare una persona dello stesso sesso. Anzi, se non gradite le coppie gay o lesbiche, sarete liberi di non frequentarle e di non andare ai loro matrimoni, risparmiando anche i soldi del regalo di nozze.
Che poi, se questi signori volessero davvero difendere la famiglia dovrebbero protestare contro i tagli agli aiuti alle famiglie bisognose, dovrebbero protestare contro il lavoro sempre più precario (quello sì problematico per le famiglie) e contro i tagli al welfare. I governi Berlusconi e Monti tagliarono, tanto per fare un esempio, il fondo per le politiche della famiglia che passò da centoottantacinque milioni a trentadue milioni circa di euro. E Giovanardi, Adinolfi e compagnia bella non dissero una parola. Un po’ poco per dei “difensori della famiglia”.
Uno sguardo poi ai paesi dove già il matrimonio egalitario esiste può confermare, inoltre, a lor signori che la sua approvazione non ha fatto diventare gay gli uomini etero, non ha distrutto la famiglia tradizionale, né creato chissà quali disordini. Semplicemente ha permesso a coppie che prima non avevano nessun diritto di avere la stessa dignità e le stesse tutele delle altre. Ma questo è proprio ciò che i catto-fascisti che organizzano il family day e le varie manifestazioni delle sentinelle in piedi non vogliono. Per loro deve esistere un solo modello di famiglia: il loro. E poi hanno il coraggio di dire che si battono per la libertà! Come se imporre agli altri il proprio modello unico di famiglia, di affettività, di morale, fosse “libertà”! E anche oggi le sentinelle in piedi hanno manifestato in diverse città, con risultati un tantino inferiori alle manifestazioni glbt. Quattro gatti loro, migliaia di persone noi. Lo tengano presente tutti quelli che, all’indomani del family day dell’anno scorso, dissero che “la piazza va ascoltata”. Tengano fede alle loro dichiarazioni.
Dicevamo dunque che, vista la recrudescenza omofobica del paese, si sono rese inevitabili delle manifestazioni a favore dei diritti, tanto per far capire che oltre ai catto-fascisti esiste anche una parte sana del paese che non scende in piazza per negare uguaglianza e diritti, ma per far progredire la società verso un futuro di parità di tutte le persone. A Milano piazza Scala era gremita di persone decise a protestare contro chi vorrebbe nascondere ogni differenza e cancellare ogni autodeterminazione per imporre la propria idea medievale e superata.
Ad aggravare la situazione, nella nostra città, si è impegnata la giunta Maroni che ha illuminato le finestre del Pirellone in modo da formare la scritta “family day”, dando così l’avallo istituzionale alla manifestazione. Trovo vergognoso che la regione, che dovrebbe essere un’istituzione a servizio di tutti e che con i soldi di tutti si mantiene, dia appoggio a una manifestazione mirata a discriminare una parte di quella popolazione che, appunto, paga le tasse. Chi pagherà la corrente che ha permesso a Maroni questo atto di bullismo istituzionale? Sarà pagata da Adinolfi, magari con i proventi di qualche sua partita a poker (gioco cattolicissimo, mi dicono)? No, la pagheremo noi cittadini lombardi, glbt compresi. E, sinceramente, che le mie tasse siano usate per appoggiare chi vuole negarmi diritti, mi fa girare le scatole. Ma la Lega non è nuova a questo uso personalistico delle istituzioni pubbliche. Ricordiamo il caso della scuola di Adro (BS) dove la giunta pose simboli leghisti ovunque. Qualcuno spieghi ai “padani” che essere al governo di un’istituzione pubblica non significa esserne i padroni. L’atto di Maroni è vergognoso e ci riporta a quel clima che si respirava nel famigerato ventennio, quando un singolo partito comandava e usava i soldi del popolo italiano per la propria propaganda. E non è la prima volta che Maroni fa una cosa del genere. Ricordiamo la conferenza sulla “famiglia naturale” del 17 gennaio 2015, finanziata dalla regione e a cui fu permesso di usare il simbolo di expo (a che titolo, non lo si è ancora capito). Durante quella conferenza un ragazzo che cercava civilmente di parlare e di disquisire sulla questione delle unioni omosessuali fu insultato da un coro da stadio all’interno del quale spiccò un Ignazio la Russa che urlava “culattone”. Un grande esempio di come si sia ridotta la politica italiana.
In questo clima è nata la manifestazione di oggi che, si stima, ha raccolto nove-diecimila persone, glbt e non, unite dall’intento di costruire un mondo migliore e più giusto. La manifestazione si è svolta pacificamente, senza incidenti o intoppi. Dal palco hanno parlato diversi rappresentanti della scena dell’attivismo milanese, che si sono espressi favorevolmente all’approvazione del ddl Cirinnà in discussione in questi giorni, pur sottolineando la necessità di non smettere di lottare. Le unioni civili così come previste dal ddl sono un primo passo importante, ma non possono essere un punto di arrivo. L’unico obiettivo è la perfetta uguaglianza di tutti i cittadini, realizzabile, in questo ambito, con il matrimonio egalitario e l’adozione per tutte le coppie. Un traguardo che, se venissero approvate le unioni civili, sarebbe molto più vicino.
Ce la farà l’Italia a vincere questa battaglia di civiltà?
Enrico Proserpio