Nell’ambito della mostra “NATI NEI ’30. Milano e la generazione di Piero Manzoni” il Museo della Permanente presenta oggi alle ore 18.30 l’incontro con Mino Ceretti. Elena Pontiggia, curatrice della mostra, dialoga con l’artista attraversando tutte le fasi principali della crescita formativa e professionale di Ceretti.
Dopo un soggiorno di studi parigino, Ceretti frequenta l’Accademia di Brera sotto la guida di Aldo Carpi. Si diploma nel 1955 e nello stesso anno tiene la sua prima personale alla Galleria San Fedele di Milano. Partecipa con Banchieri, Ferroni, Guerreschi, Romagnoni e Vaglieri alla costituzione del gruppo del Realismo esistenziale, contribuendo attivamente con mostre e interventi che rappresentano ancora oggi una testimonianza significativa sulle istanze del movimento. Fin dagli esordi il lavoro di Ceretti si caratterizza per un realismo sociale aspro e dimesso, per un linguaggio scarno dai colori intensi e drammatici, che riprende in chiave antiretorica la lezione di Guttuso, contaminandola con accenti neoespressionisti che rimandano a Bacon, Sutherland, Matta e all’informale.
Non è stato un vero e proprio movimento pittorico, bensì un “clima” comune, un incontro di sensibilità mosse dalla medesima attenzione verso spunti e fermenti diversi, dalle riflessioni su Husserl, Sartre e Camus ai primi film di Fellini e Antonioni e al Nouveau Roman francese, dalla crisi dell’impegno politico dopo l’invasione dell’Ungheria nel 1956 alla riscoperta di una dimensione forte del proprio privato.Un clima che prendeva atto dei limiti del realismo “ideologico” in pittura, e riportava l’attenzione sull’uomo, il suo destino quotidiano, le sue emozioni e sentimenti di fronte al peso crescente di alienazioni dovute ai sistemi sociali dominanti, al montare delle mode e degli opportunismi culturali.
In linea con il clima del Realismo esistenziale, i temi prediletti sono quelli della periferia cittadina, del paesaggio industriale, di una quotidianità umile e appartata. La mostra organizzata assieme a Romagnoni e a Vaglieri alla Galleria Bergamini di Milano nel 1959 e “Possibilità di relazione” alla Galleria L’Attico di Roma nel 1960 segnano il superamento dell’informale e l’adesione a un nuovo linguaggio, in equilibrio tra echi figurativi e dissoluzione dell’immagine, di cui vengono indagati i processi formativi per rintracciare i valori costitutivi dell’atto pittorico. La rinnovata ricerca figurativa scandaglia i problemi di frammentazione, di disgregazione e di riaggregazione dell’immagine: le figure si fanno allusive e sembrano sgretolarsi nel momento stesso della percezione, tra piani che si spezzano e oggetti che si frantumano. Il lirismo e la partecipazione emotiva lasciano progressivamente il posto a un maggiore distacco e a una lucida analisi tradotta in un linguaggio formale più oggettivo e icastico. Nella fase più matura Ceretti elabora un linguaggio narrativamente più compiuto, in cui convivono elementi diversi: alla scomposizione dell’immagine di ascendenza cubista si affiancano collages e assemblages. Ceretti ha insegnato nelle accademie di Belle Arti di Milano, Carrara, Venezia, Torino.
Via Filippo Turati 34, ore 18,30 – ingresso libero
Simona Belluccio