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domenica, 24 Novembre, 2024

MILANO, LA FUGA DEI VIGILI DI QUARTIERE VOLUTI DA PISAPIA. "Siamo inutili", e in massa chiedono il trasferimento

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Una fuga di massa quella dei vigili di quartiere: in moltissimi chiedono il trasferimento dai 9 comandi di Zona ad altri incarichi. Le motivazioni? “Siamo inutili. La gente sta perdendo fiducia in noi”, questa la denuncia delle sigle sindacali dei ghisa di Milano, che chiedono venga soppresso il servizio così com’è impostato ora.

I vigili di quartiere erano stati lanciati in grande stile dall’assessorato alla Sicurezza nel 2012: in coppia girano le periferie in bicicletta e dovrebbero essere i primi ad ascoltare i cittadini, le loro problematiche e le loro segnalazioni, e in teoria risolverle. Il progetto voleva lanciare una nuova tipologia di vigile, più vicino ai cittadini e alle loro difficoltà, primo (o ultimo) braccio della macchina comunale sul territorio, attivo per migliorare la qualità della vita nei quartieri attraverso la risoluzione dei disservizi dell’amministrazione comunale.

In pratica, i palmari di cui erano stati muniti per restare in contatto diretto e costante con la centrale operativa sono il più delle volte bloccati o non funzionanti, e una volta anche effettuata la segnalazione agli uffici centrali il problema è destinato a rimanere irrisolto per giorni, a volte anche per settimane. Da qui la frustrazione dei ghisa, che per giorni continuano a segnalare gli stessi problemi senza vedere una loro risoluzione, con l’aggravante di vedersi attribuire loro la colpa da parte dei cittadini, altrettanto giustamente esasperati.

Girando per le periferie, inoltre, spesso incappano in situazioni bene più complicate di qualche buca o palo abbattuto, come i commercianti abusivi presenti in ogni mercato cittadino, o anche risse ed episodi di microcriminalità. Girando in bici essi si ritrovano inermi ad affrontare situazioni ben più grandi dei mezzi loro a disposizione, trovandosi nelle condizioni di non poter fare niente per intervenire.

Per questi motivi la frustrazione dei vigili ha portato molti di essi a richiedere trasferimenti in massa da questo servizio inutile, a detta loro, che può funzionare solo in centro. I sindacati sono in rivolta, e chiedono che tale servizio venga quantomeno riformulato. “Io per fortuna, dopo un anno e mezzo, sono stato accontentato e ora lavoro in pattuglia – questo il racconto di Enrico Zaninelli, delegato del sindacato Usp -. Come quartierista ero in Barona e mi trovavo a dovere assistere a situazioni di illegalità senza potere di fatto intervenire”. Più netto il commento di Letterio De Domenico, delegato di Usb in Zona 4: “L’amministrazione sa benissimo che il progetto vigili di quartiere non funziona, ma ormai ne ha fatto una bandiera, quindi non potrà mai ammetterlo”.

Al progetto non erano state risparmiate critiche neanche al momento della sua partenza, quando già erano evidenti i limiti di queste figure, vicini si ai cittadini ma più simili a degli psicologi in bicicletta che a degli addetti di una forza di Polizia. Ovviamente il servizio era stato difeso a spada tratta dalla maggioranza, unita intorno all’assessore Marco Granelli, che annunciava finalmente il superamento del modello di Sicurezza oppressivo e repressivo delle destre, in favore di una funzione di socialità condivisa e solidale affidata alla Polizia Locale. Le parole “sicurezza” e “ordine pubblico” erano state bandite, sostituite dal lessico proclamistico e illuminato della coalizione arancione.

Oggi sono gli stessi a vigili a denunciare questo sistema come inutile per i cittadini, nonché svilente la loro dignità di agenti di Polizia Locale. Segno di maturità politica sarebbe ammettere il fallimento di questo progetto, questo innanzitutto. Quindi andrebbe rivisto il servizio in sé, considerando che la presenza capillare sul territorio da parte dei vigili è fondamentale per garantire un adeguato livello di qualità di vita ai cittadini milanesi. L’efficienza sembra concetto incompatibile con la dottrina utopistica arancio-rossa, che però prima o poi, inevitabilmente, è costretta a scontrarsi con la sua inadeguatezza nella realtà della città.

Gabriele Legramandi

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