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martedì, 26 Novembre, 2024

MILANO, CENTRO VIOLENTATO DALLA PIRAMIDE DI EXPO. Non ha nessun senso l'installazione in largo Cairoli

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“Ma che roba è?”. Se in questi giorni si prova a passare qualche minuto a passeggio in largo Cairoli è questa la frase che più si sentirà pronunciare da chi per caso, per necessità, o anch’essi per svago si trovano a passare di qui. “Ma che roba è?”, questa domanda esprime perfettamente e profondamente il senso di un’installazione architettonica dal quantomeno dubbio gusto estetico: l'”Expo Gate”, l’infopoint centrale per tutte le attività legate ad Expo,  che ospiterà inoltre uno spazio espositivo, una sala conferenza da 60 posti, il book shop e il negozio per la vendita del merchandising, laboratori per bambini, un punto di ristoro.

Il progetto, firmato Alessandro Scandurra (seconda lecita domanda: “Ma chi è?”) ha sbaragliato altri ben 24 progetti in concorso per la medesima opera, battendo studi di architettura del calibro di Cino Zucchi, Italo Rota, Mario Bellini, Pierluigi Cerri. 2250 metri quadrati coperti da due piramidi in vetro e acciaio, al centro di una piazza di impianto totalmente ottocentesco, che peraltro ostruiscono la linea visiva che dalla Torre del Filarete del Castello Sforzesco arriva fino a piazza Cordusio. “leggeri e trasparenti, i padiglioni si inseriscono nel tessuto urbano in modo discreto, trasmettendo un alto valore simbolico. Rispettando il cannocchiale visivo Castello Sforzesco – Cordusio e ricomponendo lo spazio pubblico in modo vitale” così la giuria del concorso motiva la sua scelta, facendo seriamente dubitare che i giurati siano mai stati a Milano.

Oltre che nell’uomo comune, quello che non frequenta quotidianamente i salotti dell’architettura, la struttura desta non poche e non deboli perplessità anche chi in quel mondo è riconosciuto come un’autorità. “La doppia Piramide? Sembra l’opera di un architetto che non è mai stato a Milano e dire che Milano è tra le città più note al mondo per l’arte e l’architettura. Sembra che questi architetti non solo non conoscano Milano, ma vengano da un altro pianeta” questa l’opinione di Philippe D’Averio, critico d’arte, noto volto televisivo ed ex assessore alla Cultura a Milano con Formentini. Lo studio Scandurra spiega di essersi ispirato alla Tour Eiffel: “Sì, sarà la Tour Eiffel de noantri – ironizza D’Averio – Anche se a me le piramidi ricordano il Louvre… ogni tanto ai milanesi viene voglia di rifare il Louvre, ma si dimenticano che per farlo “ci vogliono” Luigi XIV e Napoleone. Il Louvre è quella roba lì, non sia può fare con il cardinale Borromeo”. 

“Sono passato da Cairoli proprio ieri che ero a Milano e vedendo la struttura in turbi che stanno costruendo ho pensato “ma perché un albero di Natale per Pasqua?” lo stile inconfondibile è di Vittorio Sgarbi, anch’esso critico d’Arte e assessore alla Cultura con Letizia Moratti. “È una follia – tuona Sgarbi – spendere, cioè buttare, milioni euro che si sarebbero potuti utilizzare per restaurare un castello lombardo, una cascina, un monumento“”. Secondo Sgarbi “chi viene qui vuole vedere un’architettura italiana, non una struttura di Expo costruita apposta. Perché non mettere la sede dell’evento piuttosto al Pirellone, a Palazzo Cusani, alla torre Velasca?”. Domande che rimarranno sospese, poichè degli altri 24 progetti non si conosce assolutamente nulla. 

L’opera che sarà il primo contatto per i visitatori stranieri con l’esposizione universale del 2015 quindi non rappresenterà niente di ciò che è Milano o di ciò che è l’Italia. Un film italiano vince un Oscar trattando proprio della bellezza e dell’estetica italiana, e una città che esporta in tutto il mondo i suoi architetti e i suoi designers, un paese che ha avuto la fortuna immeritata di dare i natali a Raffaello, Michelangelo e Leonardo, non riesce a far altro che 2 piramidi, ispirate non si capisce bene se da Gustave Eiffel, dalla piramide del Louvre di Ieoh Ming Pei o direttamente dalle tombe dei faraoni a Il Cairo. Rimane solo da augurarsi che tale opera non abbia la stessa fortuna della torre parigina, e non rimanga per gli anni a venire a coprire la vista della ben più bella e milanese torre del Filarete.

Gabriele Legramandi

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