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martedì, 24 Dicembre, 2024

Michelangelo Galliani Itinerarium

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Nelle opere di Michelangelo Galliani nessuna forma può essere letta nella sua interezza, perché l’artista non solo mutila, ma anche travolge, perché tutto emerge da una memoria complessa, fatta d’intrecci, d’interferenze, in cui l’unità esplode in molteplicità avvolgenti ed enigmatiche. Opere,

quelle della mostra Underground fever, messe a dialogare, per quanto possibile, con un multiforme passato classico, di ortodossie, ma anche di eresie ed enigmi del pensiero e del fare, un confronto che abbraccia differenti aspetti materiali, tecniche, forme, simboli, temi, connotati da tutte le connotazioni teoriche che hanno caratterizzato il suo itinerarium, dalla classicità al site specific. Una grande unità, nella diversità, riscontrabile in una fenomenica complessa, in cui l’espressività prevale sulla comunicazione, per cui l’interrogativo, spesso, rimane tale, senza rintracciabilità di un codice preciso, mentre emergono richiami a teoremi psicanalitici, in cui bellezza poetica e sofferenza, acquistano una forma percepibile, mentre il significato, per sua natura, resta enigmatico. 

Classico è un termine vivente, adattabile a colui che eccelle in tutti i campi della vita, cioè che esprime la totalità, il più bravo di tutti, quello che pragmaticamente include in se stesso ogni volontà e ogni desiderio. Il classico è colui che decide la morte per la vita, colui che non si arrende quando perde la battaglia e preferisce la morte, perché preserva il diritto alla libertà, l’orgoglio di essere ricordato. L’invito alla morte, non è nichilismo, egoismo, qualunquismo, è l’invito alla vita vera, eroica, sfida suprema, al dovere di essere inventivi, creativi, a dovere di novità, di creatività, come processo di un grande, continuo, lavoro. Galliani ci dice che i classici li dobbiamo tenere come punti cardinali, entro cui sono possibili infinite escursioni in tutte le direzioni, quindi come vera e propria filosofia inverata e filologia della conoscenza. Chi non possiede senso della storia, non conosce l’originarietà, non può accedere all’originalità, perché è costretto a cadere nell’astratto furore, che è un dato umorale, emozionale, un ruggito di forza inconcludente, impotente e incapace.

Nelle sue sculture il concetto di tradizione è fondamentale, esattamente quanto lo è quello di innovazione. Una fenomenica, che si può articolare, ma non si può ridurre a pezzettini, perché c’è una contaminazione, che pone sempre problemi di modificabilità, di interpretazione, che non si possono sfuggire, mettendoli tra parentesi, perché rischiano di deformare i connotati identitari di individualità e di collettività, impedendo la lettura dello spessore dei fenomeni culturali, mai riconducibili ad una sola dimensione, ma non per questo analizzabili cartesianamente, in maniera chiara e distinta. Raffinatissimo nella tecnica, anche quando lavora con materiali impegnativi come il marmo, Galliani compone storie che poi diventano la storia, esplorando l’invenzione del tempo, il passare dalla vita dell’uomo, fatto essenzialmente biologico, alla vita dell’umanità, fatto essenzialmente biografico, quindi l’entrata in una fase superiore dell’esistenza sociale, collettiva, non solo distinta dalla descrizione degli eventi correnti, ma anche dalla ricostruzione dei tempi ipotizzati come precedenti, immaginando storie fantasiose sulla sua stessa apparizione sulla terra, presupponendo una capacità di delimitare uno spazio, di riconoscerlo per la sua morfologia naturale e per la sua modifica architetturale, prima rudimentale e poi via via sempre più ornamentale e geometrica, raccogliendo in forme plastiche, tutte le oralità, dando loro sistemazione e organicità, che chiamiamo civiltà.

Prof. Pasquale Lettieri
Critico d’arte

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