Una donna belga, residente in Giappone con la famiglia (marito e due figli), mette al mondo la terza creatura. Subito si comprende che non si tratta di un normale neonato. Non ha riflessi, non risponde a nessuno stimolo. Se ne sta immobile, apatico, con gli occhi fissi al soffitto in una immobilità totale. Riceve il cibo come se non lo riguardasse, senza farci caso. I medici dicono che è come un ortaggio e i genitori accettano la cosa nella convinzione che almeno le piante sono vive. Ma si sbagliano. Le piante reagiscono agli stimoli. Le piante hanno uno sguardo, una capacità di scelta tra gli stimoli, anche se ancora non si sa dove abbiano le pupille. La creatura è piuttosto un tubo, attraverso cui passa l’esistenza senza che il tubo se ne accorga o se ne interessi. Concetto interessante il tubo, guaina di esistenza che contiene un fascio di inesistenza, come viene definito. E questo tubo è Dio, onnipotente nella sua inerzia, nella sua totale inattività.
Questo Dio non ha però fatto i conti con l’imprevisto mentale. Un concetto esterno o, a volte, generato dal cervello stesso, che oltrepassa ogni protezione e rompe l’equilibrio. E così il cervello reagisce come un’ostrica, che crea la perla per difendersi da un parassita e perde la sua immobilità divina.
Un giorno apparentemente uguale agli altri la casa si riempie di terribili urla. La madre e la governante non comprendono subito e cercano di capire da dove vengano. La creatura si è svegliata e urla collerica la sua angoscia al mondo intero. È arrabbiata, perché la sua serenità dormiente è interrotta per sempre. È infuriata col mondo, perché le cose sembrano avere un’esistenza indipendente da lei, sembrano sfidare la sua divinità. Per sei mesi urla continuamente, giorno e notte.
È l’arrivo della nonna a porre fine alla rabbia. L’anziana signora porge alla bimba una barretta di cioccolato bianco, facendole scoprire una cosa buona. La creatura ha scoperto il piacere. Ha scoperto finalmente che non è uscita dalla serenità dell’infanzia per un mondo triste di bocconi di carne e carote bollite.
Da quel momento inizia la scoperta del mondo da parte della bambina, che lo vede con gli occhi innocenti e incantati di chi ritiene tutto magico e di chi è convinto che tutto ruoti intorno a sé. Scopriamo così l’essenza delle cose, delle persone, del mondo da un punto di vista completamente diverso e quasi alieno. Il banale scorrere delle stagioni diventa, ad esempio, una tragedia di proporzioni universali per una bimba che non conosce la ciclicità. Lei non sa che dopo l’inverno viene una nuova primavera e così, vedendo le piante del suo giardino (il luogo che per lei è il suo tempio, il centro dell’universo) perdere le foglie, pensa a terribili presagi di morte, immagina che il mondo volga al termine. Per lei è difficile comprendere il mondo. Una bimba di tre anni deve dedurre le leggi cosmiche da quel poco di esperienza che ha a disposizione e non è impresa facile. Per dirla con le sue stesse parole:
Bisogna essere aristotelici ventiquattr’ore su ventiquattro, il che è particolarmente estenuante quando non si è mai sentito parlare dei Greci.
“Metafisica dei tubi” è un libro piacevole, che nella leggerezza dello stile e nella sua ironia, a volte irriverente, nasconde una visione profonda dove i
ricordi di una bambina si fondono con richiami filosofici di notevole spessore. E così compare Aristotele, Eraclito e si intravede, tra le righe, una certa influenza di Maimonide nella visione di Dio.
L’autrice, Amélie Nothomb, prende spunto dai suoi ricordi d’infanzia per scrivere un libro bello, sagace e divertente dove realtà e fantasia si fondono creando un “mondo altro” in cui tutto è uguale e diverso al contempo. Così il tubo, banale oggetto quotidiano, diventa centro ontologico dell’Universo tutto e le carpe, animali in sé abbastanza insignificanti, divengono l’essenza del brutto, dell’ignobile, del male. Grazie a ciò il romanzo scivola nel trattato, nel concetto filosofico che fa riflettere sulla realtà, quella vera e non quella creduta tale, dell’esistenza. E il tutto con uno stile che non cade mai, leggero, ma mai banale, ironico, ma non sciocco.
Un libro da leggere sicuramente.
A presto
Enrico Proserpio