di Roberto Donghi
La notizia che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia deciso di tagliare i fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità è arrivata come un fulmine a ciel sereno. 400 milioni di dollari sono stati depennati con una dichiarazione avvenuta nella notte (ora italiana).
Secondo Trump, L’OMS avrebbe fallito nel suo ruolo contro il virus, considerando ciò come un errore che non può essere accettato, accusando poi l’organizzazione di essere filocinese e di aver coperto la disinformazione del regime di Pechino quando, a Gennaio, il virus si stava diffondendo.
Il New York Post, il 20 Marzo, riportava addirittura un tweet, pubblicato dal profilo dell’Oms il 14 Gennaio, che sosteneva la tesi (cinese) secondo la quale sarebbero stati da escludere contagi covid19 uomo-uomo.
Che i numeri forniti dai cinesi non fossero chiari è stato palese fin dal principio ed il comportamento avuto dall’OMS in questo caso è stato di deliberata negligenza.
Non a caso il presidente Trump ha altresì dichiarato che: “Il mondo conta sull’Oms affinché questa faccia un ottimo lavoro con tutti i paesi in maniera tale da far arrivare le migliori informazioni possibili per quanto riguarda stati di salute e diffusione delle malattie.”
Un fallimento in tal senso non può che essere intollerabile da parte di un’organizzazione che esiste per obiettivi circoscritti e limitati.
Se in Italia siamo abituati a parlare di carrozzoni pubblici, forse sarebbe anche il caso di parlare di carrozzoni mondiali. Grandi e complessi organismi, lautamente foraggiati dall’occidente (Usa in particolare, i quali versano 400 milioni contro i 33 di Pechino) che si rivelano inutili, se non addirittura dannosi, nei momenti del bisogno.
Più che un’azione sconsiderata, quella di Trump pare essere un monito per gli organismi internazionali: se non fate il vostro lavoro, non prendete soldi.
Un piccolo passo verso una meritocrazia globale.