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sabato, 16 Novembre, 2024

MENO DISOCCUPAZIONE NON SIGNIFICA SEMPRE PIÙ LAVORO: cresce il numero degli inattivi

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di Gabriele Rizza

L’Istat di questi tempi non riporta mai buone notizie. Dopo gli studi pubblicati sulla denatalità e sui decessi che superano le nascite nel 2020, arriva il rapporto sulla disoccupazione dell’anno passato che fotografa una situazione ancora in corso. Secondo i nuovi dati, nel 2020 si osserva un calo dell’occupazione come non si era vista nemmeno con la crisi del 2011, –456 mila, -2,0%, delle ore lavorate, -13,6%, mentre cresce significativamente il ricorso alla Cig, +139,4 ore ogni mille lavorate. A soffrire di più sono i lavoratori dei servizi, che più di tutti hanno risentito delle chiusure, dal commercio al turismo, rispetto a quelli dell’industria.

Il dato più preoccupante non è il tasso di disoccupazione, ma quello degli inattivi. Infatti, se da una parte l’ultimo trimestre del 2020 ha fatto registrare un calo della disoccupazione di 0,5 punti, dall’altra sono cresciuti di ben 403 mila, +3,1% in un anno, gli inattivi nella fascia 15-64 anni. Questo vuol dire che il tasso di disoccupazione scende non solo per la crescita degli occupati ma anche per la più forte crescita di coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro. Quello del numero degli inattivi è un tema da sempre sottovalutato, si bada più ai numeri di occupazione – disoccupazione, piuttosto che a quelli più generali attivi – inattivi: può infatti succedere che ci sia un drastico calo della disoccupazione solo perché chi rinuncia a cercare un lavoro non viene considerato disoccupato ma inattivo. Di contro, quando la parabola economica di un paese sta per uscire dal momento più buio si ha una crescita esponenziale della disoccupazione proprio perché gli inattivi sfiduciati prendono fiducia e si rimettono alla ricerca di un impiego, e solo da quel momento i dati occupazione – disoccupazione sono più aderenti alla realtà.

L’Italia si trova in un momento di totale sfiducia, come se avesse sospeso la propria esistenza. Anche per questo i toni intimidatori del Cts, dei virologi come Galli, dei ministri Speranza e Franceschini andrebbero smorzati e resi ragionevoli: non per la pizza di sabato sera, ma per dare più fiducia a quel ragazzo o a quella mamma che per queste minacce di chiusure smettono da un giorno all’altro di seguire la propria strada.

 

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