La Corte Suprema indiana ha chiesto al governo di trovare una soluzione entro due settimane allo stallo che sta ritardando il processo ai due marò. In una breve seduta, durata una decina di minuti, i giudici hanno chiesto di “riconciliare il conflitto di opinione all’interno dell’amministrazione” e hanno rinviato l’udienza al 3 febbraio.
Nell’illustrare brevemente il ricorso davanti al tribunale numero 4, l’avvocato Mukul Rohatgi,che guida il team legale dei marò, ha denunciato il grave ritardo del caso. “Lo scorso gennaio – ha detto – la Corte Suprema aveva ordinato la costituzione di un tribunale speciale che doveva riunirsi su base quotidiana, ma dopo un anno non sono stati neppure presentati i capi di imputazione”.
Il legale ha anche ricordato che sono passati quasi due anni dall’arresto dei due marò e che la polizia speciale Nia si è rivolta a un tribunale diverso da quello che era stato stabilito lo scorso anno per trattare il caso. L’Attorney General (rappresentante legale del governo), Goolam E. Vahanvati ha replicato ammettendo che “esiste un conflitto di opinione all’interno dell’amministrazione” riferendosi alle divergenze emerse tra ministero degli Esteri e quello degli Interni sull’applicazione della legge antiterrorismo ‘Sua Act’ da parte della polizia Nia incaricata di condurre le indagini. Di fronte alle pressioni del team legale italiano, Vahanvati ha poi detto di “avere bisogno di più tempo per conciliare le posizioni”.
Il giudice B.S. Chauhan, che presiedeva la sezione insieme al collega J. Chelameswar, ha accolto l’obiezione e ha chiesto al governo di ripresentarsi il 3 febbraio con una soluzione. “Ce la farete entro questo tempo?” ha domandato Chauhan sorridendo. “Faremo del nostro meglio” ha risposto Vahanvati. Alla seduta erano presenti l’ambasciatore italiano Daniele Mancini e l’addetto militare, contrammiraglio Franco Favre.
La Critica