di Susanna Russo
Marcello Veneziani è scrittore, giornalista e filoso. Nato a Bisceglie, vive tra Roma e Talamone. Proviene da studi filosofici. Ha fondato e diretto riviste, ha scritto su vari quotidiani e settimanali. È stato commentatore della Rai.
Si è occupato di filosofia politica scrivendo vari saggi tra i quali La rivoluzione conservatrice in Italia, Processo all’Occidente, Comunitari o liberal, Di Padre in figlio, Elogio della Tradizione, La cultura della destra e La sconfitta delle idee (editi da Laterza), I vinti, Rovesciare il 68, Dio, Patria e Famiglia, Dopo il declino (editi da Mondadori), Lettere agli italiani.
È poi passato a temi esistenziali pubblicando saggi filosofici e letterari come Vita natural durante dedicato a Plotino e La sposa invisibile, e ancora Il segreto del viandante e Amor fati, Vivere non basta, Anima e corpo e Ritorno a sud. Ha poi pubblicato con Marsilio Lettera agli italiani (2015), Alla luce del mito (2016), Imperdonabili. Cento ritratti di autori sconvenienti(2017), Nostalgia degli dei (2019) e Dispera bene (2020). Inoltre Tramonti(Giubilei regnani, 2017) e Dante nostro padre con Vallecchi, 2020. Il suo ultimo libro si intitola La cappa, edito sempre da Marsilio.
Considerata la situazione attuale, il ruolo che stanno giocando l’Occidente e la NATO, le chiedo: cos’è l’Occidente oggi? Cosa contraddistingue l’Occidente dalle altre civiltà? Qual è il suo destino?
«Da secoli ormai, l’Occidente ha smesso di essere una categoria culturale o geopolitica per diventare semplicemente la modernità, non più un luogo ma un tempo. L’americanizzazione del mondo e l’occidentalizzazione del pianeta si sono via via estese fino a coincidere con la globalizzazione. Ma nel frattempo altri modelli, altre potenze tecnologiche, toglievano all’Occidente il suo primato mondiale o almeno la sua esclusiva, in tema di Tecnica e Finanza, lasciando, al più, l’antico retaggio dei Diritti. Non si può dare una definizione dell’Occidente senza partire dalla sua visione cristiana: diciamo meglio che l’Occidente è la sintesi del Pensiero e della Polis greca, dell’imperium e della Lex romana, e della civiltà cristiana nelle sue espressioni. In realtà, così definita combacia con l’Europa, di cui l’America ne è solo un’espansione sul piano delle fonti. Sul piano contingente l’Occidente è l’area sorvegliata dalla Nato, devota al Libero Mercato, fondata sull’individualismo di massa.»
Anni fa su Il Giornale scrisse: “la specie umana ha cambiato programma e usa la promozione dell’omosessualità”. Qual è il programma attuale della società? Quali prospettive ci potrebbero essere in questa guerra tra civiltà se l’Occidente avesse la meglio?
«La mia boutade, paradossale, era l’applicazione coerente del pensiero di Schopenhauer: per lui l’astuzia della specie usa la nostra attrazione sessuale per perpetuarsi; evidentemente ora, almeno in Occidente, la sta usando per estinguersi, per non procreare.
Il programma di vita attuale è puramente versato nell’espansione illimitata del presente, dell’io e della tecnica. L’Occidente sta cercando di espandersi ovunque, anche se ha un competitore globale nella Cina e un ostacolo-antagonista in Putin che però non intende colonizzare il mondo, come la Cina e gli Usa, ma solo riaffermare la potenza russa nella sua area. Con Trump l’America preferiva la splendida solitudine, con Biden ha ripreso il sogno democratico di guidare il mondo, tornando ad essere il gendarme e il precettore del pianeta.»
Esiste ancora una dimensione del Sacro? Cos’è per lei, dove lo ritrova, come lo vive?
«Oggi, sostengo da tempo, riusciamo a trovare il Sacro proprio a partire dalla sua mancanza. E’ quel buco al centro della nostra vita interiore e sociale che reclama il Sacro. Ci manca il linguaggio del Sacro, la percezione del sacro è come atrofizzata. Per dirla con Ortega y Gasset anche Dio oggi “brilla per la sua assenza”; avvertiamo il suo bagliore proprio nella sua assenza dal mondo. Il Sacro, peraltro, è la dimensione ulteriore della vita, la percezione di un orizzonte ulteriore alla nostra esperienza terrena e alle cose che la caratterizzano. Ma ripensare il Sacro significa ripensare la scala che conduce a “lui”: il simbolo, il mito, la visione spirituale, la liturgia, il rito, l’epifania. Un viaggio nel sacro ho compiuto di recente nel romanzo spirituale La leggenda di Fiore.»
Come siamo scivolati sotto “La cappa”? Quando è successo? Quanti di noi ne sono consapevoli? Riconoscere e sopravvivere alla cappa equivale a “Cavalcare la tigre”?
«Immagino la cappa come l’addensarsi di nuvole, prima sparse e tra loro scollegate, che riguardavano aspetti vari della nostra vita: la salute, la sicurezza, la storia, le idee, o che investivano ambiti primari come i sessi, la natura, i temi elementari della sfera biologica (vita, morte, nascita, aborto). Poi si sono come concentrate in una Cappa che opprime, uniforma, copre il cielo, non concede libertà e differenza. Auspico per difendersi dalla Cappa l’uso della spada dell’intelligenza, anche nella speranza di dare l’assalto al cielo, ma non per abbattere gli dei, semmai per sgombrarlo dalla coltre. Cavalcare la tigre era un’altra allegoria cinese e poi evoliana della capacità di governare il caos, cavalcandone i pericoli e le fughe.»
“Repubblica è troppo poco, c’è una parola più adatta: Patria. L’Italia è la mia casa, è il ritorno, è l’infanzia, il cielo e la terra che mi coprirà.”
L’amor patrio, l’attaccamento alle nostre origini e tradizioni ci contraddistinguono da sempre, dai tempi di Dante, è ciò che l’affascina di Manzoni. Come è successo che ci siamo persi per strada tali valori?
«La ragione più evidente, fino alla banalità, è che il mondo si è allargato e le patrie sono considerate troppo ristrette e restrittive. La ragione storica annessa è che l’Italia dopo la guerra ha patito un corso radicale di snazionalizzazione di cui porta ancora le conseguenze, anche perché ideologie internazionaliste e apatridi hanno guidato il cammino del mondo. Ma la ragione ideale e reale più specifica è che viviamo l’epoca dello sradicamento e dello spaesamento, è bello tutto ciò che è fluido, volatile, muta, tradisce, si libera; in questa prospettiva l’amor patrio è un legame, una fedeltà, un’identità e un’appartenenza e dunque non trova posto (salvo ripescarlo in Ucraina ma in funzione di protesi all’allargamento della Nato ad est.)»
Tra giornalisti e filosofi, c’è chi ipotizza la realizzazione di una Nuova Destra, chi parla di Golpe Globale, lei parlò di destra allo stato gassoso. Anche secondo lei c’è ancora qualcosa che si possa fare per riavere una destra allo stato solido?
«Non mi occupo di etichette e di ideologie e uso l’espressione destra il minimo indispensabile per intendere quel modo di pensare conservatore, più attento alla tradizione, alla natura e alle civiltà; un modo peraltro diffuso, se non maggioritario nei popoli.
Per il resto, le nuove destre invecchiano in fretta, superate da sempre nuovi prototipi e in una società dominata in cielo dalla Cappa e in terra dalla Cupola, il problema principale più che rivendicare un marchio, è quello di dare una risposta adeguata alla dominazione presente.»