CON UNA ECONOMIA COLLASSATA ED UN ESERCITO SBANDATO, IL VENEZUELA SOGNA LA GLORIA MILITARE
Ha fatto il suo ingresso sulla scena un po’ in sordina rispetto agli avvenimenti più recenti dello scenario globale, tuttavia, con un referendum consultivo svoltosi il 3 dicembre scorso, il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha incassato l’appoggio popolare per rivendicare il territorio dell’Esequibo, terra di confine e di dispute, con la Guyana.
Un’accelerata improvvisa, come mai si era vista prima considerando che neppure Hugo Chavez, il
predecessore di Maduro, si era mai spinto a sfidare lo status quo delineato dall’arbitrato del 1899 e che assegnava la sovranità della zona, appunto, alla repubblica guyanese.
FORESTE, PETROLIO E METALLI PREZIOSI
Entrando nel dettaglio, l’Esequibo, o meglio la “Guyana Esequiba” altro non è che una immensa foresta pluviale corrispondente a circa due terzi del territorio totale della Repubblica Cooperativa della Guyana.
A seguito di indagini sul suo territorio, la società petrolifera americana Exxon Mobil ha scoperto un
enorme giacimento di petrolio proprio al largo delle coste dell’esequibo, scoperta che ha “ingolosito” il Venezuela nonostante questo goda comunque di immense riserve di oro nero.
Ci sarebbe anche altro però, ossia che il territorio dell’Esequibo è colmo di preziose materie prime come diamanti, bauxite, manganesio, ferro ed oro.
Il governo di Maduro non ha visto di buon occhio la scoperta dell’enorme giacimento e soprattutto il suo sfruttamento da parte di una multinazionale americana, interpretando questo aspetto come
un’interferenza di Washington nella politica latinoamericana ed in particolare della Guyana.
Di fatto la piccola Repubblica Cooperativa è molto vicina agli Stati Uniti sia con scambi commerciali che, oggi più che mai, grazie ai rapporti militari, cosa che spinge ad ovvie riflessioni sul curioso caso del Venezuela bolivariano, socialista e ridotto alla fame che pianifica l’invasione di un paese legato a doppio filo alla principale potenza militare del mondo.
UNA SITUAZIONE DISASTROSA
E’ proprio “alla fame” il termine più adatto per descrivere la situazione venezuelana che si protrae da un decennio, con un Pil che in pochi anni si è quasi dimezzato e con una grado di libertà economica che si piazza al 174esimo posto della classifica globale. Una naziona ricca di materie prime, capace di affogare nel petrolio senza tuttavia realizzarne un profitto, con un’inflazione interna pari, nell’anno 2022, al 234% ed un tasso di violenza altissimo che rende Caracas la città più pericolosa del mondo.
Un paese dal quale, secondo le stime delle Nazioni Unite, ben 7 milioni di cittadini sono scappati.
TROVARSI UN NEMICO PER TIRARE A CAMPARE
Con una situazione interna simile, la decisione di destabilizzare la politica internazionale del sud america non sfugge alle tipiche regole delle dittature in difficoltà.
La necessità di deviare l’attenzione su un nemico esterno, parallelamente al trito e ritrito
antiamericanismo, è vitale per il regime di Maduro il quale, con un conflitto creato ad arte, probabilmente spera addirittura nel rinvio delle elezioni previste nel 2024.
Nulla di diverso da quanto accadde nel 1982, quando la sanguinaria giunta militare argentina, in crisi di popoolarità ed economica, con un’inflazione del 90%, nonchè piegata dalle tensioni sociali, decise per l’invasione delle isole Flakland ai danni del Regno Unito.
Ma quella che doveva essere una facile conquista capace di risollevare l’immagine del regime, si
trasformò nella pietra tombale di quella dittatura grazie alla ferma posizione di Margareth Thatcher ed alla reazione del mondo libero.
GLI UNICI ALLEATI RIMASTI
Entro la fine di Dicembre, Nicolás Maduro volerà a Mosca per ottenere l’appoggio di Vladimir Putin, il quale avrebbe grande interesse ad aggiungere un altro fronte ai troppi problemi già aperti per gli Usa.
Da escludere, verosimilmente, un sostegno materiale che risulterebbe abbastanza complesso, specie dato l’impegno sul fronte ucraino e la scadente situazione delle forze armate venezuelane. Un sostegno russo potrebbe tuttavia risvegliare la storica dottrina Monroe americanae condurre così ad una reazione ben più decisa rispetto a quelle viste fin’ora, specie in vista delle prossime elezioni.
Dittature e regimi liberticidi di tutto il mondo si sono uniti, una volta di più, per destabilizzare e crearsi nuove opportunità, staremo a vedere nelle prossime settimane le mosse di Maduro e le risposte, si sperano ferme e concrete, del mondo libero.
Roberto Donghi