di Stefano Sannino
Uno dei simboli più celebri, avvolti da un’aura di mistero per significato ed origine, è senza dubbio l’Uroboro, il serpente che si morde la sua stessa coda. Il serpente, nutrendosi del suo stesso corpo, forma dunque un cerchio senza inizio né fine, una figura in eterno movimento che girà su se stessa, all’infinito. Ciò che è apparentemente immobile, dunque, in realtà si muove lento ed inesorabile, in un ciclo eterno di Tempo e di Spazio, di gioie e di dolori, di amore e di odio.
Spesso, con l’approssimarsi della fine di ogni anno e quindi con l’inizio dell’anno venturo, abbiamo l’impressione di aver chiuso un ciclo, di aver accantonato le esperienze -belle o brutte che siano- trascorse, di aver dimenticato le persone che abbiamo lasciato dietro di noi, ma così non è l’Uroboro, esattamente come la legge dell’Eterno Ritorno dell’Uguale di Nietzsche, ci insegna che mai nulla è davvero abbandonato o dimenticato e che ciò che ci aspetta nel futuro è esattamente identico a ciò che abbiamo vissuto o esperito nel passato, con un cambiamento solamente nelle situazioni vissute e non nei sentimenti o nelle leggi universali da cui, invece, dipendiamo.
Mai come prima, abbandonando il 2020 ed entrando nel 2021, non bisogna dimenticare questa grande legge universale e questo antichissimo simbolo; non bisogna cioè avere l’illusione di aver abbandonato i nostri trascorsi e di aver dimenticato il nostro passato. Ciò che ci rende quello che siamo e ciò che ci forgerà per quello che saremo, sarà infatti esattamente il nostro passato: come il serpente che si morde la coda, non potremmo muoverci se non decidessimo di nutrirci di ciò che siamo stati, nel bene e nel male, nelle esperienze positive e nelle esperienze negative.
Ecco cos’ha da insegnarci l’Uroboro, antichissimo simbolo alchemico e magico, religioso ed iniziatico: che nulla mai è davvero perso, anche quando l’unica cosa a farci andare avanti è il desiderio di guardare al futuro.