Con le precedenti giunte Formigoni in Regione Lombardia erano partiti i fondi Nasko e Cresco, per finanziare le attività dei Centri di Aiuto alla Vita, ossia quei centri inseriti negli ospedali che attraverso aiuti sia economici sia psicopedagogici aiutano le madri incinta che vorrebbero partorire, ma per tutta una serie di ragioni si vedono costrette ad abortire il bambino che portano in grembo.
A luglio 2013 il budget totale per i due fondi era stato approvato nel bilancio di previsione a 4.200.000 euro, subendo già una riduzione sull’anno precedente, per quest’anno invece il fondo potrà usufruire di massimo 2.156.000 euro, praticamente dimezzato. Non è però l’unica novità: gli aiuti economici potranno essere erogati solo verso quelle madri che risiedono da almeno 5 anni in Lombardia. L’accusa che sta alla base di tale ultima decisione è che il 75% delle risorse, secondo i calcoli dell’assessorato alla Famiglia guidato da Maria Cristina Cantù, è andato a extracomunitari, penalizzando così i cittadini lombardi.
Il drastico ridimensionamento del fondo che ha permesso a migliaia di bambini di nascere in questi anni ha sollevato un coro di proteste bipartisan: il consigliere Stefano Carugo, Nuovo Centrodestra, ha presentato un’interrogazione sul merito della decisione, rivolta all’assessore Cantù, e a ruota lo ha seguito il consigliere PD Fabio Pizzul, firmatario anch’egli dell’interrogazione dichiarando unanimemente che il diritto alla vita non può subire distinzioni a seconda del colore della pelle. “Innalzare il limite a cinque anni – scrive Carugo nell’interrogazione – vorrebbe dire ridurre di oltre il 20 per cento le richieste, negare la vita di 500 bambini”.
Particolarmente colpito da questa politica di continui tagli è il CAV della clinica Mangiagalli di Milano, guidato dall’ambrogino d’oro Paola Bonzi, che nei suoi 30 anni di attività ha salvato la vita a 16.000 bambini e aiutato più di 18.000 donne. In un comunicato il centro non nasconde la sua incredulità: “Il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli ritiene la replica dell’assessore Cantù un mero tecnicismo e non una reale risposta ai bisogni delle donne che debbano decidere in merito alla prosecuzione della loro gravidanza”. “Desta inoltre preoccupazione e sgomento – prosegue il Centro Aiuto alla Vita – l’affermazione dell’assessore Cantù secondo cui il 75% delle risorse stanziate da Regione Lombardia per il Fondo Nasko è andato a extracomunitari: come hanno ben sottolineato i consiglieri Stefano Carugo e Fabio Pizzul, il diritto alla vita non può e non deve dipendere dal colore della pelle”. “Limitare l’accesso ai fondi destinati al sostegno alla maternità solo a chi risiede in Lombardia da almeno cinque anni vuol dire negare il diritto alla vita di molti bambini, e di questo qualcuno dovrà rispondere” afferma invece Paola Bonzi, fondatrice e direttrice del Centro d’Aiuto alla Vita:“Ci piacerebbe che il nostro impegno ed il nostro lavoro di volontari venissero riconosciuti, invece di ricevere critiche impastate di ideologia”.
Ad essi l’assessore Cantù ha risposto piuttosto sdegnosamente, accusandoli di aver assorbito nel solo 2012 il 40% del totale del fondo. “Se aiutare i bambini a nascere è una colpa – risponde la Bonzi – allora il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli è colpevole di aver aiutato in trenta anni oltre 16.000 bimbi a venire al mondo, accompagnando le loro madri con un sostegno psicopedagogico e con gli aiuti concreti che nessun ente pubblico eroga”.
C’è chi però nella Lega ritiene che il provvedimento è stato addirittura morbido, il segretario leghista Matteo Salvini infatti ha così commentato il dimezzamento del fondo e la relativa polemica: “Cinque anni sono pochi, vorremmo portare a 15 anni di residenza di residenza obbligatoria il criterio per accedere a tutti i contributi pubblici a cominciare da quello per la casa. aiutiamo tutti, ma in un momento di crisi diciamo prima chi abita qui e chi paga le tasse da più tempo”.
“Non e’ un problema che ci siano critiche ci mancherebbe, ma noi abbiamo le idee chiare e stiamo facendo quello per cui siamo stati eletti” così il presidente della Regione Roberto Maroni, più morbido ma comunque netto sulla questione: “L’assessore Cantù ha parlato a nome della giunta e quello che ha detto lo ha deciso la giunta”. Sempre dalla Giunta regionale a cercare una mediazione è l’assessore alle Attività Produttive Mario Melazzini: E’ bene sottolineare che i criteri per accedere a tale misura non sono cambiati e che è stata decretata l’istituzione di un gruppo di lavoro che ha il compito di definire i criteri per la stabilizzazione delle iniziative Nasko e Cresco entro il 31 marzo 2014. Il Nuovo Centrodestra è disponibile al confronto ex ante, mai ex post, su un tema che crede di fondamentale importanza per arrivare ad una eventuale revisione della misura in modo condiviso”.
I Centri d’Aiuto alla Vita rischiano quindi un vero e proprio collasso, vedendo perdere ogni possibilità di aiutare le donne incinta a partorire i loro bambini. Già nel corso dell’ultimo anno il fondo ha visto una drastica riduzione quantitativa, accompagnata da una sempre crescente burocratizzazione, che nono solo rallenta le procedure ma a volte proprio le bloccava, e il blocco di una pratica come questa significa la perdita di una vita. Chi da una vita si batte per il diritto di venire al mondo, come appunto Paola Bonzi, ora dovrà sforzarsi di trovare soluzioni alternative per aiutare tutte le madri, e non solo quelle che rispondono ai criteri di una burocrazia contorta e ideologica. Perché in realtà si tratta comunque di un risparmio per il sistema sanitario lombardo far nascere una vita invece che sopprimerla, venendo a mancare tutte quelle cure mediche che la donna dovrà seguire prima e dopo l’aborto, oltre che naturalmente il costo dell’atto in sé.
Non si vede quindi ragione alcuna per il dimezzamento di tale fondo, e il conseguente stato di insolvenza e di difficoltà a cui si condannano i CAV lombardi. Visto che la discussione rimarrà aperta fino a fine mese ci auguriamo che venga di nuovo alzato il budget per i fondi Nasko e Cresco, perché con questa decisione si salverebbero con un colpo di penna centinaia di vite e centinaia di donne.
Gabriele Legramandi