Di Stefano Sannino
Divenuto largamente popolare tanto in Occidente quanto in Oriente, lo Yoga è oggi conosciuto principalmente quale pratica spirituale e fisica. In verità, ciò che pochi sanno riguardo allo Yoga è che esso fa parte dell’induismo ortodosso ed in particolare delle sei scuole filosofico-teoretiche di questa straordinaria religione. All’interno dell’induismo, infatti, possiamo riconoscere tre coppie di scuole di pensiero, ciascuna delle quali ha sviluppato una propria dottrina, una propria cosmologia ed un proprio pensiero sulla natura del concetto di karma e di samsāra. Queste tre scuole sono:
–Vaisésika e Nyāya;
–Sāmkhya e Yoga;
–Mīmāmsā e Vedanta;
Come evidente, dunque, lo Yoga è teoreticamente accoppiato con la scuola del Sāmkhya, poiché condivide con essa una visione dualista della realtà, in cui è possibile distinguere una prakrti (natura o materia primordiale) ed una purusa (coscienza pura) le quali, pur essendo divise su un piano ontologico, sono comunque connesse a causa di una “confusione metafisica” che collega la seconda alla prima.
Lo Yoga, d’altro canto, riprende questa visione metafisica dualista, ma la declina in un approccio più pratico, prevalentemente meditativo. Lo scopo, proprio come in molte altre dottrine indiane, è il raggiungimento del samādhi, ossia la concentrazione yogica.
A tal riguardo una trattazione rilevante è proprio quella operata dal filosofo indiano Vyāsa, considerato l’autore di una analisi sul concetto di karma tra le più coerenti dell’induismo.
In particolare, partendo dall’assioma per cui sarebbe necessario liberarsi dalle proprie passioni al fine di raggiungere la liberazione dal samsāra, il filosofo si chiede quale sia la correlazione tra il numero delle azioni non rituali svolte in vita ed il numero delle reincarnazioni a cui si è sottoposti. In poche parole, la domanda che si pone è: una reincarnazione serve ad espiare una sola azione “malvagia”, oppure è possibile espiare più azioni negative in un’unica incarnazione?
Al pensatore appare evidente che la risposta sia proprio la seconda, poiché altrimenti si assisterebbe ad un numero infinito di incarnazioni atte all’espiazione e ciò condurrebbe anche ad una evidente impossibilità teoretica circa la liberazione dal samsāra stesso.
Oggi, la proposta teoretica di Vyasa è universalmente accettata, sebbene altre spiegazioni siano state date per risolvere questo paradosso proprio della scuola yogica. Alcuni pensatori, infatti, ritengono che in alcune incarnazioni non si accumuli karma, sebbene questo possa apparire in contraddizione con la definizione stessa di karma già analizzata in altri articoli.
A discapito di quanto siamo portati a pensare dalla nostra visione occidentale, dunque, lo Yoga è ben più di una pratica ginnica utile allo sviluppo muscolare e spirituale; è, piuttosto, una vera e propria scuola filosofica, dalle cui dottrine sono nati spunti teoretici fondamentali per lo sviluppo non solo della scuola stessa, ma dell’induismo tutto.