di Stefano Sannino
Nel corso della storia necessaria alla formazione dello stato di Israele e della religione ebraica come la conosciamo oggi, l’intervento di Nabucodonsor di Babilonia e la conseguente deportazione di 3023 famiglie ebree nel 599 a.C, furono certamente cruciali. Come già abbiamo avuto modo di verificare nell’articolo precedente di questo trittico), il monoteismo ebraico non fu il fondamento della religione d’Israele delle origini, ma un’invenzione postuma che ebbe luogo – secondo gli ebraisti – proprio durante la deportazione della classe dirigente di Gerusalemme a Babilonia. Non è da escludere, secondo gli esperti, che fu proprio un rabbino deportato a sviluppare l’idea che la schiavitù ebraica non fosse altro che uno strumento della volontà di Elohim, ovvero di Dio.
Se provassimo ad immaginare infatti la mentalità dell’epoca, non possiamo non vedere come la schiavitù sotto il sovrano Nabucodonsor di Babilonia fosse un problema di carattere teologico. Di fatti, all’epoca, se un popolo vinceva su un altro significava che i suoi dèi erano più forti di quelli del popolo vinto. Di conseguenza, la sconfitta di Gerusalemme significava per gli ebrei, che i loro dèi (Elohim, Baal, Asherah etc) erano stati sconfitti dagli dèi babilonesi (Ishtar, Marduk, Assur etc).
Come risolvere quindi questo problema teologico?
Fu proprio durante la deportazione che gli studiosi stimano cominciò a svilupparsi l’idea che tutte le divinità, comprese quelle vittoriose babilonesi, non fossero altro che parti di una divinità unica, chiamata Elohim. Elohim, in ebraico, è infatti un sostantivo, plurale di El (Signore). Il fatto che anche nella Bibbia si faccia riferimento a Dio come Elohim e non come El, ha creato – specialmente negli ultimi anni – numerose speculazioni su una presupposta natura aliena di Dio. In verità, Elohim viene sì utilizzato al plurale, ma inteso quale forma linguistica molto simile alla forma latina del plurale maiestatis.
Il fatto dunque che si parli di dèi e non di “dio” a livello letterale, non significa – come vogliono farci credere alcuni supposti studiosi – che l’Elohim della Bibbia fosse una “razza aliena”, ma piuttosto che nell’idea teologica di Elohim, fosse racchiusa una pluralità di elementi divini antecedenti a livello storico. In poche parole Elohim conterebbe tutte le divinità, sintetizzate in un unico ente sovrannaturale: Dio. Questa idea, nacque proprio durante la schiavitù a Babilonia, da un rabbino ebreo che tentò di far fronte al problema teologico della sconfitta degli dèi di Gerusalemme in battaglia. Nacque così il monoteismo.
Non fu però immediata l’adozione di questo nuovo sistema religioso tra gli ebrei. Di fatti, buona parte della popolazione di Gerusalemme era rimasta in patria e non abbandonò gli antichi usi della loro terra. Venne dunque a crearsi una profonda frattura tra gli ebrei deportati e gli ebrei rimasti a Gerusalemme che terminò con una vera e propria guerra civile nel 520 a.C. quando gli ebrei vennero rimpatriati da Babilonia. Le due teologie, l’una del palazzo di Gerusalemme fondata sugli antichi costumi e sull’idea di un Dio-Re, e l’altra venutasi a sviluppare a Babilonia tramite il contatto con altre religioni e fondata su un’idea di sacerdozio molto diversa, erano troppo antitetiche tra loro per non terminare in uno spargimento di sangue. Alla fine i rimpatriati ebbero la meglio, le antiche dinastie di Gerusalemme furono annientate e l’ebraismo cambiò definitivamente.
Nacque così l’ebraismo (più o meno) come lo conosciamo oggi. Nacque così il primo monoteismo della storia, un’eccezione nello sviluppo delle nostre religioni che sarebbe stata destinata a cambiare la storia del mondo.