di Mario Alberto Marchi
Metti una società che vale un miliardo e mezzo, che tratta questioni delicatissime; metti che l’azionista di maggioranza è lo Stato e che gli altri sono le principali banche del Paese.
Ce ne sarebbe abbastanza per ritenere che si stia parlando di un asset importante, da tutelare col massimo impegno, tantopiù in una stagione politica che sempre particolarmente propensa a impegnare lo Stato nel garantire stabilità ad imprese ritenute “imperdibili”.
Se si sono spesi 200 milioni per Alitalia, 3,8 miliardi per Montepaschi, 400 (solo di prima tranche) per l’ex Ilva di Taranto, vuoi che non ci sia una certa sensibilità, una certa propensione alla tutela? Invece, non è così.
L’azienda di cui si parla e Cedacri, un modernissimo ed efficiente colosso della fornitura di servizi informatici agli istituti di credito. Qualcosa di delicatissimo, che richiede precise garanzie e non per nulla tutte le banche clienti, sono anche azioniste. Il resto – fino ad oggi – è rimasto saldamente in mano a CDP Equity (già Fondo Strategico italiano), società controllata dal 100% da cassa Depositi e Prestiti, ovvero lo Stato. È chiaro il peso strategico di un’azienda simile, che richiederebbe la massima tutela, invece è stata messa in vendita la quota di maggioranza.
A presentare offerte sono un gruppo informatico Britannico e Accenture Engeneering, gruppo romano controllato però da due fondi finanziari: il primo, NB Renaissance, è lo spin off dell’attività finanziaria dell’ennesima banca, Intesa Sanpaolo, ma realizzato in accordo con una struttura ex Lhehman Brothers, il secondo, Bain Capital, è invece un fondo tutto statunitense.
In pratica, comunque andasse, il controllo passerebbe dalle mani pubbliche, almeno in parte a quelle della finanza straniera, senza contare il rischio sempre più alto che rappresenta la gestione fuori dal controllo diretto, di dati affidati a piattaforme informatiche.
La domanda è: possibile che per il nostro Governo i dati bancari sensibili, che vanno dai nostri conti correnti ai flussi finanziari della più grandi imprese, abbiano meno dignità e importanza delle rotte di una compagnia aerea, di una banca che potrebbe tranquillamente esser acquisita da altri istituti di credito o di un’acciaieria?
Certo, in quei casi ci sono da tutelare posti di lavoro, ma possibile che la visione dello Stato non riesca ad andare un poco oltre e considerare la pericolosità di regalare a società straniere private le chiavi dei nostri risparmi? Una mezza risposta sorge spontanea: per Cedacri non ci sono sindacati che scendono in campo, politici pronti ad andare ad orlare in tv, consensi da conquistare per le prossime elezioni.