di Daniela Buonocore
Il Cdm, il 28 Febbraio 2022, durante un Consiglio dei Ministri, ha deciso di incrementare le misure di soccorso ed assistenza agli ucraini che, scappando dalla guerra, stanno cercando rifugio all’interno dell’Unione Europea.
Così, il premier Mario Draghi, con un intervento al Senato, ha dichiarato che l’Italia è pronta per attivarsi sul luogo, attraverso le principali organizzazioni umanitarie fino al 31 dicembre. Con il seguente provvedimento l’Italia ha messo a disposizione già più di 200 tende con 1000 posti letto per gli ucraini che andranno in Polonia, dove si stanno appunto allestendo i campi per i rifugiati. Il Consiglio dei Ministri, ha aumentato di 10 milioni la dotazione del fondo per le emergenze e ha incrementato i posti disponibili nei centri di accoglienza straordinari.
Attualmente la comunità ucraina in Italia è composta da circa 250.000 persone, già perfettamente integrate nel nostro Paese, con abitazioni e lavoro. Pertanto, è ipotizzabile che i primi ad arrivare saranno i parenti di questi ultimi. Nulla da obiettare, quindi, contro tale decisione, ma c’è chi ha ancora difficoltà a capire come l’Italia possa riuscire ad aiutare le persone degli altri Paesi se non è ancora stata capace di normalizzare la situazione per alcuni comuni appartenenti al territorio stesso. Si parla infatti di due cittadine colpite gravemente in passato dal terremoto del 24 agosto 2016, quando una scossa di magnitudo 6 colpi l’Abruzzo portando ad un bilancio 299 morti e 365 feriti. Il paese più colpito fu Amatrice, che al momento presenta ancora una situazione di “fermo completo”. I cittadini del posto dichiarano di non aver ancora visto nessun segnale di ripresa, ci sono ancora macerie lungo le strade e la gente è costretta a camminare tra i detriti, inoltre il territorio è ancora privo di strutture idonee e non c’è ancora un Pronto Soccorso, infatti al momento non ci sono medici che lavorano oltre le 20.
Su 67 case soltanto 5 sono state rese agibili e la popolazione vive ancora nelle casette provvisorie. Situazione analoga è quella in cui si ritrova L’aquila che, il 6 Aprile del 2009, fu distrutta completamente da una scossa di magnitudo 5,9 portando ad un bilancio di oltre 1600 feriti e 309 morti, con l’immagine di una città che crollava un po’ alla volta ad ogni scossa.
A causa della pandemia l’Italia, sotto molti punti di vista, si è fermata, e anche nel ripristino di queste città c’è stato un totale arresto, ma i cittadini italiani, se pur favorevoli all’aiuto e al sostegno a favore della popolazione ucraina, non accettano che i loro concittadini debbano rimanere ancora in una condizione di stallo totale.