di Stefano Sannino
Abituati a pensare alla scienza come ad un monolite di razionalità e come pilastro della nostra società contemporanea, tendiamo ad ignorare spesso gli assiomi fondamentali della conoscenza scientifica ed i fondamenti che la rendono tale. Lo studio del funzionamento della scienza, oggetto della cosiddetta filosofia della scienza, è stato al centro del dibattito scientifico e filosofico degli ultimi due secoli; celebre è, per esempio, la teoria falsificazionista ideata da Popper, secondo la quale la conoscenza scientifica non sarebbe altro che una sommatoria di quelle leggi impiegate per confutare le leggi che le precedono. In questo senso quindi, la teoria copernicana non sarebbe altro che una teoria astronomica che è andata a sostituire la teoria tolemaica, ad essa antecedente.
Eppure, alcuni filosofi della scienza hanno visto qualcosa che gran parte degli scienziati non riesce a vedere nella sua stessa materia, un elemento che solo apparentemente sembra essere in contraddizione con l’estrema razionalità del sapere scientifico: il chaos.
Feyerabend, filosofo austriaco del secolo scorso nonché allievo del grande Popper, si scaglia contro questo estremo dogmatismo della ragione, introducendo nel dibattito scientifico l’elemento caotico o, per dirla con i suoi stessi termini, l’anarchia. Per Feyerabend, infatti, non può esistere alcun progresso gnoseologico -sia esso scientifico o filosofico- senza un elemento di irrazionalità, senza quella creatività e quell’eccentricità che ha caratterizzato alcuni pensatori della nostra storia.
Guardando infatti alla storia della scienza, non possiamo non renderci conto come in realtà questa non sia la mera successione di scoperte razionali, quanto piuttosto l’opera irrazionale di alcuni geni creativi che, spesso contro ogni previsione e logica, sfidarono le leggi scientifiche del loro tempo sulla base di intuizioni personali che di razionale non avevano alcunché.
Queste “deviazioni” e questi “errori” come li definisce il filosofo austriaco, non sono altro che presupposti del progresso. In poche parole, se non fosse per l’irrazionalità, la creatività e l’errore, la scienza non sarebbe quella che è.
Ecco allora perché è tanto importante, specialmente oggigiorno dove la scienza e la ragione vengono visti come assiomi imprescindibili della nostra società, sfidare il dogmatismo razionale e lo strapotere della ragione in ogni ambito della nostra vita. Dopotutto, lo scopo della scienza non è né quello di imporre delle leggi, né quello di assumere che i propri assiomi valgano in modo universale. Di fatti, e questo è ben chiaro a chi si è occupato di filosofia della scienza, la scienza è fallibile, tanto quanto l’uomo che la crea.
Abituati ad un sapere scientifico fondato sull’idea monolitica di ragione, abbiamo forse perso la capacità di imbarcarci verso le grandi scoperte, verso quelle rivoluzioni del sapere che fino al secolo scorso caratterizzavano il dibattito scientifico e filosofico, grazie anche al grande fascino che l’irrazionale e l’ignoto esercitavano sulla comunità accademica.
Ecco allora che proprio come disse Feyerabend, l’irrazionalità ed il mito, la magia e la religione sono spesso più scientifiche della scienza stessa, perché abituate ad argomentare, dubitare e dubitare nuovamente e sopratutto, perché fondate sull’elemento irrazionale.
Il dubbio, il chaos ed il mistero sono quindi elementi fondanti della conoscenza umana, senza i quali tutti noi vivremmo in una società dominata da una storpiatura di ciò che la scienza dovrebbe essere davvero: un sapere creato dall’uomo al servizio dell’uomo, volto al progresso della conoscenza umana e non all’imposizione di assiomi e dogmi fondati su un ingiustificato fanatismo della ragione.