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giovedì, 19 Dicembre, 2024

L’introduzione di un euro digitale. Presupposti e considerazioni

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di Claudio Nassisi, socio Aidr

L’ipotesi dell’introduzione di valute digitali emesse da Banche Centrali (dette Central Bank Digital Currencies, CBDC) è, ad oggi, oggetto di un dibattito acceso tra le Istituzioni Finanziarie Monetarie e ha suscitato un crescente interesse per il potenziale impiego nell’erogazione dei servizi finanziari.

Ciò è anche connesso alla rapida diffusione delle criptovalute e della sottostante tecnologia blockchain che ne ha dimostrato la funzionalità dal punto di vista della privacy e della sicurezza.

Si capisce dunque come l’idea di istituire un euro digitale, tenuto conto che la moneta è attualmente adottata da 19 nazioni, possa essere considerata un’autentica impresa.

Sulla proposta di creare monete digitali gestite centralmente vi sono stati diversi interventi autorevoli.

Christine Lagard nel novembre 2018 (nell’incarico di direttore del Fondo Monetario Internazionale) aveva già espresso l’idea che le banche centrali adottassero rapidamente sistemi di emissione di monete digitali aperte al pubblico, ai cittadini e alle aziende. Nel novembre 2019 con un successivo intervento (questa volta nella veste di presidente della BCE) ha anticipato l’intensificarsi degli sforzi su questo progetto con approfondimenti che si sarebbero conclusi entro il gennaio 2021.

La stessa BCE ha pubblicato nell’ottobre 2020 un approfondito rapporto sull’ emissione di un euro digitale approvato dal Consiglio direttivo e redatto da una task force all’uopo costituita (High-Level Task Force on Central Bank Digital Currency, HLTF-CBDC).

Inoltre, la BCE è entrata a far parte di un consorzio di diverse Banche Centrali comprese la Banca di Inghilterra, la Banca del Giappone e la Risbank per condividere la propria esperienza nell’ambito delle CBDC.

Due eventi sembrano aver suscitato un interesse molto più ampio per l’argomento. Il primo è l’annuncio da parte di Facebook di voler seriamente rendere operativa la propria valuta chiamata Lybra. Il secondo è stato l’annuncio da parte della Cina di introdurre il proprio Yuan digitale (Digital Currency Electronic Payment, DCEP).

L’euro digitale dunque si affiancherebbe al contante, senza sostituirlo.

Le motivazioni

Nel sopracitato rapporto della BCE vengono specificate le motivazioni alla base delle quali sarebbe opportuno intraprendere la strada per introdurre l’euro digitale. Queste ultime si possono sinteticamente riassumere nei seguenti punti:

  • supporto al processo di digitalizzazione nell’UE;
  • risposta a una significativa diminuzione dell’uso del denaro contante come mezzo di pagamento;
  • risposta allo sviluppo di altre CBDC da parte di Paesi non aderenti all’euro oppure di sistemi di pagamento digitali privati;
  • limitazione dei rischi connessi agli ordinari servizi di pagamento;
  • sostegno al ruolo dell’euro in ambito internazionale.

Se si considera infine che l’attuale situazione pandemica ha modificato il concetto stesso di distanza sociale, si può immaginare il riflesso di questa iniziativa sulle abitudini di pagamento dei consumatori i quali, a loro volta, potrebbero anche percepire il denaro contante come un vettore di infezione e, conseguentemente, rivolgersi a metodi di pagamento contactless.

A questo proposito si sottolinea come, ad oggi, l’uso del contante sia il canale privilegiato per le transazioni quotidiane. In Italia, anche se negli ultimi anni l’offerta degli strumenti di pagamento a disposizione dei consumatori si è continuata a sviluppare, con forme sempre più evolute (come ad esempio la possibilità di pagare con gli smartphone), circa l’87% dei pagamenti viene effettuato ancora in contante.

La necessità di avere un euro digitale ha anche presupposti differenti a seconda del grado di sviluppo dei Paesi.

Per quelli industrializzati, vi sarebbe la possibilità di rafforzare la stabilità finanziaria e aumentare l’efficienza delle transazioni di pagamento (ovvero riducendo tempi e costi delle transazioni).

Per i Paesi in via di sviluppo, invece, sarebbe possibile raggiungere un livello superiore di inclusione finanziaria (la capacità di individui e imprese di accedere ai prodotti finanziari di cui hanno bisogno per funzionare e crescere, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda o del patrimonio individuale).

La base giuridica

Il presupposto normativo per l’emissione di CBDC potrebbe essere trovato nel mandato di stabilità dei prezzi della BCE, nei suoi compiti fondamentali di definizione e attuazione della politica monetaria e promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.

Per raggiungere questi obiettivi, alla BCE viene concesso il diritto esclusivo di emettere le banconote e le monete che hanno corso legale all’interno dell’Unione.

Sebbene sia ammissibile sostenere in linea teorica che tale potere includerebbe anche l’emissione di CBDC, è altresì corretto immaginare che questo strumento non dovrebbe essere considerato come un semplice aggiornamento tecnologico rispetto alla modalità ordinaria di emissione di denaro. Le Banche Centrali potrebbero beneficiare, infatti, di poteri aggiuntivi (tra i quali una maggiore possibilità di sorveglianza sulle transazioni).

La strada per individuare una modalità attraverso la quale giustificare il ruolo della BCE in questo processo può invece essere rinvenuta nel suo Statuto e, più precisamente, nella parte in cui viene prevista anche la fornitura di facilitazioni di pagamento al fine di assicurare sistemi di compensazione e di pagamento efficienti e affidabili all’interno dell’Unione e nei rapporti con i Paesi terzi.

Possibili effetti

L’introduzione di un euro digitale potrebbe influenzare gli effetti della politica monetaria e avere, paradossalmente, un impatto negativo sulla stabilità finanziaria, ad esempio limitando la capacità di intermediazione delle banche e influenzando negativamente i tassi di interesse.

Avrebbe inoltre ulteriori riflessi:

  • reputazionali e di immagine sulla BCE in caso di: ritardi nello sviluppo del progetto, incremento dei costi a fronte dei risultati attesi, una infrastruttura IT inadeguata alle effettive necessità;
  • sulla privacy: per garantire l’anonimato delle transazioni è stata avanzata la proposta di utilizzare voucher anonimi che verranno emessi con regolarità e non saranno trasferibili;
  • sulla sicurezza delle transazioni: nell’eventualità venga adottata la tecnologia blockchain, si dovrà pensare ad una soluzione ibrida che preveda distinti livelli di autorità per categorie di utilizzatori (organi di controllo, personale tecnico e utilizzatori finali). La Banca Centrale dovrà avere, in ogni caso, il più alto livello di autorità che le consentirà di annullare o congelare le transazioni sui conti;
  • connessi al cosiddetto “digital divide”: dovranno essere necessariamente garantite infrastrutture adatte a consentire l’accesso alla rete e ai dispostivi portatili. Entrambi i requisiti potrebbero essere un problema per i Paesi in via di sviluppo, che si vedrebbero ulteriormente penalizzati. Quando si considera il lancio di una CBDC e la graduale eliminazione del contante, i costi di implementazione e di manutenzione delle infrastrutture telematiche costituiscono un fattore cruciale.

Considerazioni finali

Esistono già i depositi di denaro in euro che possono essere utilizzati per tutti i tipi di pagamenti digitali attraverso i servizi predisposti dalle banche commerciali. Tuttavia, questi depositi sono legalmente dei prestiti che conferiscono il diritto di essere rimborsati con denaro reale, cioè euro fisici emessi dalla BCE.

Dove sarebbe dunque la differenza principale tra la situazione attuale e uno scenario futuro in cui si potrebbe trovare inserito l’euro digitale? Quest’ultimo sarebbe il denaro digitale emesso direttamente dalla Banca Centrale che, ad oggi, è accessibile esclusivamente dagli istituti di credito.

La principale innovazione della moneta digitale sarebbe la possibilità per ogni utilizzatore di avere accesso diretto a tale moneta e usarla per le transazioni di pagamento digitale.

Ci potrebbero essere così almeno due modi per ottenere questo risultato:

  • un conto direttamente aperto presso la Banca Centrale per le operazioni di pagamento a disposizione di ogni titolare;
  • conti speciali presso gli istituti di credito dedicati alla gestione della moneta digitale emessa dalla Banca Centrale che verrebbero gestiti dagli istituti stessi esclusivamente come fornitori di servizi.

L’introduzione di una CBDC solleva dunque molte domande sul concetto di intermediazione finanziaria e sulla cosiddetta “finanza decentrata” (Decentralized Finance, DeFi).

Il rischio più temuto è quello di un ridimensionamento delle banche, di una contrazione del flusso di denaro e della conseguente difficoltà nel reperire adeguate fonti di credito (secondo il noto concetto del moltiplicatore monetario).

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