di Stefano Sannino
Negli ultimi giorni, la notizia che ha senza dubbio attirato maggior attenzione è il coinvolgimento del celebre collettivo di hacker “Anonymous” nel conflitto russo-ucraino.
Gli hacker hanno dichiarato, sui profili social di alcuni loro membri, di voler combattere attivamente il Cremlino attraverso attacchi informatici mirati ai principali servizi digitali dell’amministrazione russa, oscurando i siti governativi e condividendo un gran numero di dossier secretati.
Il coinvolgimento del collettivo di hacker più famoso al mondo ha naturalmente suscitato un’ondata di reazioni positive a livello internazionale, tanto che in brevissimo tempo Anonymous ha guadagnato la stima ed il rispetto non solo della popolazione, ma anche di diverse Istituzioni.
Pur tuttavia, ad un occhio più attento non può certo sfuggire che il coinvolgimento discrezionale di un collettivo di hacker all’interno di un conflitto internazionale non può che essere una cosa negativa.
Di fatti, ciò che il grande pubblico ignora – spinto dall’euforia indotta dalla “nobiltà” di un gesto come quello fatto dagli hacker – è che l’intervento di Anonymous non può che rappresentare una minaccia per tutti noi. Ciò che Anonymous sta dimostrando, de facto, è di poter hackerare senza difficoltà i siti governativi delle potenze mondiali e di diffondere dati sensibili senza alcuna difficoltà o ripercussione.
Per quanto infatti il loro gesto possa apparire giusto all’interno dei confini di un conflitto come quello russo-ucraino, vista da una prospettiva diversa questa azione non può che essere interpretata come una libera violazione di ogni sistema di sicurezza informatica che oggi riguarda i russi, ma che domani potrebbe riguardare noi.
In un mondo dove ogni nostra informazione è digitalizzata e disponibile online, il fatto che un collettivo indipendente di hacker violi deliberatamente un sistema di sicurezza statale di un Paese libero non può che essere un atto a cui guardare con preoccupazione; la violazione della libertà e della privacy costituisce infatti oggi uno dei rischi maggiori a cui tutti noi dobbiamo prestare molta attenzione.
È quantomeno opportuno, dunque, chiedersi se il coinvolgimento di Anonymous nel conflitto non costituisca la creazione di un antecedente che in futuro potrebbe giustificare l’intervento di organi o collettivi indipendenti e non riconosciuti, all’interno di contese tra Stati, anche attraverso mezzi non convenzionali o perfino illegali.
Non è facile guardare alla minaccia hacker di Anonymous come tale, visto che lo stesso collettivo è ben attento a dimostrarsi sempre dalla parte delle “vittime”: ciò nonostante, ad un livello meramente ideologico il loro intervento costituisce un’aggressione al pari di quella russa nei confronti dell’Ucraina, una violazione – cioè – di uno Stato sovrano ed indipendente, giustificata con buonismo e pressappochismo.
Ciò che dobbiamo davvero chiederci, dunque, è: è giusto permettere ad un collettivo di hacker indipendente di agire a propria discrezione a danno di un governo (per quanto esso sia oscurantista) e di violare la sovranità di uno Stato?
Ai posteri l’ardua sentenza; non dimentichiamoci però che ciò che accade oggi al nostro vicino, domani potrebbe accadere a noi.