di Gabriele Rizza
Non si sa come andrà a finire la vicenda legata all’uso delle risorse del Recovery Fund, ma aldilà degli effetti tutti nel campo dell’economia, non si può che trarne delle riflessioni e delle conclusioni politiche, perché ormai certe “prassi” sono nell’ordine della politica così come è diventata e si evolverà, e vanno oltre i contenuti del singolo dpcm o decreto legge.
Il punto nevralgico è l’abuso delle cabine di regia: espressione cara al nostro Premier e al Movimento cinque stelle, ma che di certo, come modo di svolgere l’attività di governo, non hanno inventato loro. Basti pensare al vangelico Piano Cottarelli, quando il PD era partito di maggioranza. Cosa c’è dietro l’uso della cabina di regia come il sale nella pasta in ogni cosa che il governo decide di fare? la totale sfiducia nel Parlamento, nelle risorse intellettuali e professionali della classe dirigente politica, nelle sue strutture partitiche. Sarebbe normale se questo pensiero arrivasse dall’opinione pubblica, dall’elettorato e da tutti i cittadini, qui invece abbiamo una classe dirigente che sconfessa sé stessa. Non c’è da meravigliarsi: ricordiamoci il referendum di settembre che ha ridotto drasticamente i seggi in Parlamento.
Viene da chiedersi se questa rinuncia a sé porti ad affidare le chiavi dell’Italia a figure tecniche capaci, con una visione del futuro e alieni ai compromessi. Il passato recente però ci induce a riporre nel cassetto le illusioni. Nessun cittadino italiano sarà in grado di elencare i benefici delle cabine di regia che hanno avuto luce fino ad ora: la cabina di regia per la Libia ha portato l’Italia a perdere ogni ruolo nel Mediterraneo a danni della nostra ENI, tutte le task force volute per affrontare il Covid hanno partorito Domenico Arcuri con i suoi bandi per le terapie intensive solo a fine ottobre e ai banchi con le rotelle per la scuola, solo per dirne alcune. La task force presieduta da Colao è stata buona solo per riempire i giornali.
La verità è semplice: quando tutto parte con i presupposti sbagliati, non può che può finire peggio. Lasciamo tutto in mano al dirigente aziendale amico del ministro o al commissario europeo, va bene così. Ma non chiamiamola più democrazia, quella delle visioni e della partecipazione, ci abbiamo rinunciato.