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sabato, 21 Dicembre, 2024

L’IMPORTANZA DELLA QUALITA’ DELL’ACQUA PER LA NOSTRA SALUTE

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Lo stile di vita, i fattori ambientali e il corredo genetico sono gli elementi principali che intervengono nel determinare la qualità della nostra salute e la velocità con cui il nostro corpo invecchia.
Nel processo di infiammazione e di invecchiamento entrano in gioco numerosi meccanismi che interagiscono simultaneamente e determinano una progressiva riduzione dell’efficacia di varie funzioni fisiologiche nell’organismo.
Con il passare degli anni, il carico antigenico cronico – che può essere considerato come uno stress a cui si è esposti per tutta la durata della vita – diventa responsabile dell’immunosenescenza e dello sviluppo di una condizione cronica di infiammazione, il vero killer silenzioso della nostra epoca.
Questo è il terreno di approfondimento della PNEI (Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia), il nuovo paradigma scientifico “olistico” della medicina moderna.
La PNEI ha come fulcro lo studio dei sistemi dello stress e delle conseguenze della loro iper-attivazione. Bruce McEwen (grande ricercatore in tema di stress) ci ricorda che questo termine, in origine, era considerato una risposta dell’organismo a sollecitazioni di vario tipo. Il nostro corpo è programmato per consentirci di rispondere ai cambiamenti che si verificano nell’ambiente e alle sfide che, ogni giorno, dobbiamo affrontare.
Un’importante garanzia di salute è data dalla qualità dell’acqua che beviamo ed è il motivo per cui riteniamo opportuno utilizzare acqua eccellente sia in cucina che da bere.
In una valle ad alta quota nel nord del Pakistan vive una popolazione (Hunza) particolarmente longeva. All’inizio del secolo scorso il dr. Henri Coandă, premio Nobel e padre della dinamica dei fluidi, studiò l’acqua degli Hunza. Studi successivi del dr. Flanagan evidenziarono un elevato ph alcalino e una straordinaria quantità di idrogeno attivo con forte potere antiossidante ed elevato contenuto di minerali.
Questi dati, insieme allo studio approfondito dell’osmosi inversa, sono stati ripresi modernamente al fine di ottenere, anche nelle nostre case, un’acqua particolarmente benefica per la salute.
Il principio dell’osmosi fu scoperto dal premio Nobel Jacobus Henricus Van’T Hoff” già nel 1901, quando rilevò che i sali minerali attraggono i liquidi, vincendo la pressione atmosferica anche attraverso ostacoli che offrono resistenza, come i materiali semipermeabili.
È il principio fisico secondo il quale le cellule del nostro corpo possono alimentarsi correttamente.
Infatti, esse sono ricoperte da una membrana semipermeabile che permette loro di filtrare ciò che serve (l’alimento e i sali minerali) e di espellere le sostanze inutilizzate. In natura l’osmosi si
manifesta quando due soluzioni a differente concentrazione salina vengono separate da una barriera semipermeabile. La soluzione più diluita passa attraverso la membrana per andare a diluire la soluzione più salina.
Invertendo questo procedimento, si otterrà l’osmosi inversa: spingendo a pressione una soluzione salina contro una membrana, si otterrà acqua pura. Le impurità, per via delle loro dimensioni, non sono in grado di superare i micropori della membrana.
Nonostante l’impegno profuso a difesa della sua sicurezza, l’inquinamento batteriologico, e ancor più quello chimico, rendono continuamente precario il dominio dell’acqua e le varie legislazioni sono costrette a tollerare la presenza più o meno rilevante di componenti non desiderabili.
Una ricerca condotta sulle acque delle provincia di Milano ha riscontrato una forte presenza di farmaci e sostanze chimiche: 2,5 tonnellate di farmaci finirebbero nel Po.
A dirlo sono i risultati di un progetto di ricerca presentato nel corso di un convegno svoltosi all’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’. L’indagine, co-finanziata dalla Fondazione Cariplo, condotta dall’Istituto diretto da Silvio Garattini, e in collaborazione con la società Metropolitana Milanese che gestisce a Milano il Servizio idrico integrato, ha studiato il livello di inquinamento nelle acque sotterranee (fra cui quelle potabili), e in quelle superficiali (come i fiumi) nella Provincia di Milano.
«I risultati della ricerca escludono qualsiasi rischio in relazione alla qualità e alla sicurezza delle acque potabili sulla base dei parametri fissati dalla legge – commenta Ettore Zuccato, Capo del Laboratorio di Tossicologia della Nutrizione dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ -. La ricerca ha, tuttavia evidenziato che tra le diverse falde si cominciano a vedere delle connessioni, probabilmente dovute anche ai diversi interventi dell’uomo nel sottosuolo, che favoriscono il passaggio anche dei ‘contaminanti emergenti’, la cui dimensione in superficie è in rilevante crescita. Mettere a punto strategie di protezione permetterà di prevenire i problemi, anziché doverli affrontare in eventuali situazioni di contaminazione diffusa».
«In profondità, ad esempio – aggiunge Enrico Davoli, Capo del Laboratorio di Spettrometria di Massa dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ – sono state trovate tracce di carbamazepina, un farmaco antiepilettico e antidolorifico, la cui molecola non degrada. Negli ultimi anni, fortunatamente, è cresciuta una particolare attenzione sui cosiddetti contaminanti emergenti, quali farmaci, ormoni, droghe e sostanze chimiche, molte delle quali di uso domestico. Oggi gli ‘emergenti’ vengono particolarmente studiati per vedere come cercare di controllarne le emissioni e, dove possibile,  rimuoverli dall’ambiente».
Cosa fare?
L’osmosi inversa consente di “depurare” l’acqua dai diversi inquinanti, modulare la durezza (data dalla quantità di sali di calcio e di magnesio contenuti nell’acqua) misurata in Gradi Francesi e il residuo fisso (rappresentato dalla quantità di minerali inorganici presenti nell’acqua, si ottiene facendo evaporare l’acqua a 180 °C)
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fissato in 30 Gradi Francesi (300mg/lt) il limite massimo della durezza per l’acqua potabile, anche se la nostra legge ha stabilito in 50 il valore massimo consentito.
Riteniamo ottimale un residuo fisso intorno ai 100 mg/dl.
L’acqua così ottenuta si presta ad essere ulteriormente trattata mediante il processo di ionizzazione che la rende alcalina e antiossidante. L’acqua ionizzata è il prodotto di una elettrolisi che avviene nello ionizzatore dell’acqua.
L’acqua ionizzata è acqua potabile trattata che viene trasformata in acqua alcalina-antiossidante, ricca di minerali alcalinizzanti altamente biodisponibili e di ossigeno (in forma OH-).
Lo ionizzatore d’acqua è un filtro elettronico collegabile oltre che al normale rubinetto anche al rubinetto dell’acqua già filtrata con osmosi inversa, per effettuare una elettrolisi controllata a basso voltaggio prima che venga bevuta.
Recenti ricerche concorderebbero nel considerare la maggior parte di tutti i minerali contenuti nell’acqua, prevalentemente di origine rocciosa e perciò inorganica, difficilmente o per nulla assimilabili dal corpo umano. Nel tempo, questi ultimi potrebbero creare un affaticamento dell’emuntorio renale depositandosi nei tessuti e favorendo l’insorgenza di malattie croniche (calcolosi renale, arteriosclerosi, deposizione di calcificazioni articolari, gotta).
L’incidenza di queste malattie è generalmente più alta dove l’acqua ha un elevato contenuto di minerali inorganici.
E’ preferibile utilizzare l’acqua alcalina ionizzata lontana dai pasti. Il potenziale di ossidazione dell’acqua acida ossidata la rende invece un buon agente sterilizzante, utile per lavarsi le mani, lavare gli alimenti o gli utensili da cucina e per trattare piccole ferite ed eczemi.
L’acqua alcalina ionizzata apporta i seguenti importanti benefici:

  • è priva di ogni tipo di inquinamento (metalli pesanti, cloro, batteri, ecc.);
  • aiuta l’organismo ad eliminare gli acidi e le scorie prodotti dal metabolismo quotidiano favorendo la depurazione del corpo;
  • aiuta l’organismo ad eliminare i radicali liberi prodotti da malattie, invecchiamento, farmaci e stress.

L’acqua ripolarizzata e con una dimensione molecolare più piccola di quella del rubinetto o della bottiglia penetra più facilmente nelle cellule e aumenta l’idratazione del corpo.
Nella nostra esperienza consigliamo di bere acqua a pH superiore a 8.5 lontano dai pasti come una vera e propria terapia alcalinizzante mentre riteniamo idonea l’acqua depurata ad osmosi inversa e/o acqua a pH 7-7.5 per usi gastronomici e per il consumo a tavola.
Per maggiori informazioni sulla prof.ssa Maria Corgna, medico chirurgo, specialista in endocrinologia, esperta di Pnei e ideatrice del metodo Pnei4u-Pneisystem: www.mariacorgna.itwww.pnei4u.com.
 
 

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