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sabato, 23 Novembre, 2024

L’IMPASSE DELLE PENSIONI. Tra la minaccia della Troika e la caccia al consenso

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di Gabriele Rizza

Dalle parti dello stivale, la questione del sistema pensionistico ha una rilevanza a dir poco predominante rispetto ad altre, come la scuola o le infrastrutture.  Basti ricordare che i primi “cento giorni” della maggioranza dei governi, che si sono alternati dal 1994 ad oggi, hanno avuto come epicentro proprio le pensioni. Infatti, il primo governo Berlusconi del ‘94 scatenò manifestazioni come non si vedevano dagli anni ’70, nel 2006 il governo Prodi, per ottenere consenso, trasformò in scalino lo scalone della “riforma Maroni”, nel 2011 il governo Monti per inseguire il pareggio di bilancio lanciò la “riforma Fornero” e, da ultimo, Salvini introdusse, nel 2019, l’attualissima Quota 100, che verrà abolita dal 2021.

La ragione di questo interesse necessario va rintracciata a partire dalla composizione sociale stabilizzatasi proprio a metà degli anni ’90: poche nascite e sempre più anziani, che in termini economici significa meno lavoratori, quindi meno tasse per pagare le pensioni di oggi. A ciò si aggiunga la generosità storica delle pensioni, ancora oggi gravante come un macigno sui conti pubblici, che rende ancor di più il nostro welfare come un elefante in cristalleria.

Il problema è che questo “interesse necessario”, in quanto tale, è anche urgente e non lascia spazio a una programmazione, cosicché viene interpretato dai governi in due modi: come acchiappa consenso quando viene agevolata l’uscita dal lavoro o come taglio lineare per far quadrare i conti per l’anno successivo, redendo di fatto quasi vana la speranza di molti italiani di avere una pensione.

Eppure, un minimo di programmazione renderebbe palesi ai governi altri punti vitali collegabili alle pensioni, come ad esempio rendere efficiente la nostra disordinata politica sociale per le famiglie e le nascite. Se il problema dei “pochi lavoratori per tanti pensionati” sarà ancor più endemico e pesante, si potrebbe iniziare a pensare a rendere gli asili nido molto più accessibili, a degli assegni familiari costanti nel tempo e a ad aiutare le coppie e famiglie ad avere una casa. Non per nostalgia di altri tempi ma per non avere rimpianti in futuro. Da queste parti, però, la programmazione non porta voti e non piace granché sia alla Troika che ai mercati.

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