di Stefano Sannino
Di tutti i mostri serpentiformi concepiti dal mondo classico, quello che meglio di tutti è riuscito a penetrare e a restare nell’immaginifico collettivo è, senza dubbio, l’Idra di Lerna.Resa celebre dalle fatiche di Ercole, in realtà l’Idra viene introdotta nella mitologia classica dalla Teogonia di Esiodo nei vv. 313-318 come un gigantesco serpe acquatico nutrito dalla stessa Era.
Da notare come il termine greco ὔδρα indicasse i rettili tropidonotus natrix e tropidonotus bilineautus, completamente innocui per l’uomo e tipici dell’area sud-orientale. Esiste, dunque, una discordanza molto importante tra la descrizione presentataci da Esiodo e la reale natura biologica di questi animali, che merita di essere approfondita. L’ ὔδρα esiodea è infatti espressamente pericolosa: aggettivazioni come λύγρ᾽εἰδυῖαν ed ἄπλητον non lasciano spazio a dubbi sulla natura negativa di questo mostro.
Come spiegare dunque questa dissonanza tra la descrizione esiodea e la natura biologica di questi rettili? In verità, c’è ben poco di cui stupirsi. A differenza della credenza moderna, in antichità era opinione comune che i due generi di rettili indicati dal termine ὔδρα fossero pericolosi, come avvalorato anche da una descrizione dei medesimi proposta da Virgilio nelle Georgiche (1):
est etiam ille malus Calabris in saltibus anguis
squamea convolvens sublato pectore terga
atque notis longam maculosus grandibus alvum,
qui, dum amnes ulli rumpuntur fontibus et dum
vere madent udo terrae ac pluvialibus Austris,
stagna colit ripisque habitans hic piscibus atram
improbus ingluviem ranisque loquacibus explet;
postquam exusta palus, terraeque ardore dehiscunt,
exsilit in siccum et flammantia lumina torquens
saevit agris asperque siti atque exterritus aestu.
Nonostante l’assenza quasi completa di una qualsiasi descrizione morfologica del rettile nella Teogonia, bisogna notare come sia la sua locazione geografica a fornire un motivo di analisi simbolica e storica. Le paludi della regione lernea, infatti, non sono solamente l’habitat perfetto per questi rettili, ma secondo un’antica credenza sono anche un punto di confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti. (2) L’Idra, dunque, pare svolgere un ruolo simile a quello di Cerbero, quale guardiana dell’Ade.
Altrettanto importante è invece il ruolo che Era ricopre nel passo descrittivo di questo mostro, ove leggiamo ἢν θρέψε θεὰ λευκώλενος Ἣρη, ossia «che la dea dalle bianche braccia Era nutrì» evidente riparazione del legame speciale tra l’Idra di Lerna e la moglie di Zeus. Effettivamente, guardando al corpus mitologico della serpentiformi, non è difficile notare una qual certa correlazione tra gli antagonisti serpentiformi degli eroi e la dea Era, la quale si configura spesso e volentieri come la nutrice o la genitrice di questi stessi mostri; è il caso, per esempio, del Serpe delle Esperidi.
Era, dunque, genitrice e nutrice del serpente oppositore dell’eroe, si configura come una divinità con sguardo retrospettico (3), spesso contrapposta ad Atena, emissaria della volontà di Zeus ed aiutante preziosa dell’eroe. Vale a dire che, se la dea Era intrattiene un legame particolare con le generazioni pre-olimpiche e titaniche (4) che manifesta nel suo stretto legame con i mostri serpentiformi espressamente pericolosi o negativi, la dea Atena ha lo sguardo opposto, rivolgendosi al futuro ed, in particolare, all’umanità. Ecco quindi che Atena viene rispecchiata, nel mito, da tutti quei tratti del serpente che sono espressamente positivi: conoscenza, guarigione, eternità, evoluzione spirituale.
L’Idra di Lerna, con la sua posizione geografica ed il suo legame con Era, esemplifica in modo perfetto l’insieme delle concezioni antiche sul serpente riflettendo il quadro di una visione complessa ed articolata circa un animale conio e misterioso, al contempo guardiano dei segreti dell’universo e distruttore degli uomini.
- Virgilio, Georgiche 3 vv.425-434
- M. L. Sancassano, Il serpente e le sue immagini, Edizioni New Press, Como 1997, p.70
- Ibid. p.73
- Omero, Iliade Libro 14 vv. 200-204, tr. it. R. C. Onesti (a cura di) (1950), Einaudi, Torino 1990