di Alessandro Giugni
In questa rubrica dedicata al mondo della fotografia abbiamo avuto modo di approfondire la conoscenza delle opere di molti Maestri di questo medium: dalle strazianti immagini di guerra di Don McCullin (clicca qui per leggere la prima parte dello speciale a lui dedicato) alla stagione dei monsoni raccontata da McCurry (clicca qui per leggere la prima parte di questo speciale), dall’inesorabile incedere del tempo percepibile nelle fotografie di Araki (clicca qui per leggere l’articolo) ai racconti metafisici di Ikko Narahara (clicca qui per leggere l’articolo).
Ad accomunare gli autori sopracitati vi è un particolare elemento: ciascuno di essi ha utilizzato la fotografia come mezzo per rendere edotto lo spettatore dell’esistenza di specifiche realtà, quali guerre, sofferenze personali, catastrofi naturali, usi e costumi di comunità confinate ai margini del mondo.
Uno degli autori che più d’ogni altro ha saputo rompere questo “equilibrio narrativo” è Liam Wong. Anche il percorso che lo ha portato a individuare nella fotografia il suo principale mezzo espressivo si discosta completamente da quello vissuto dai più noti fotografi.
Nato e cresciuto a Edimburgo, in Scozia, fin da bambino manifestò una grande passione per il mondo dei videogiochi, passione questa che lo portò nel 2010 a laurearsi alla University of Abertay Dundee in Computer Arts. Dopo appena due anni dal conseguimento del titolo, il giovane venne assunto da Ubisoft, divenendo il più giovane direttore artistico della storia della compagnia canadese. Per la prima volta nella sua vita, dunque, Liam ebbe l’opportunità di uscire dai confini della Scozia. Il trasferimento in Canada fu determinante ai fini della maturazione della passione per la fotografia. «È così che mi sono innamorato della fotografia. Improvvisamente vedevo posti nuovi».
Inizialmente, però, Wong si limitò ad acquistare una piccola fotocamera compatta con la quale immortalare i panorami canadesi.
La svolta avvenne nel 2015 durante un viaggio in Giappone. Wong, affascinato dai colori e dalle atmosfere notturne di Tokyo, iniziò a girovagare per le strade dell’affollata capitale giapponese. In breve tempo prese coscienza di come il volto di quella città e le abitudini dei suoi abitanti mutassero radicalmente durante la notte. Nacque, così, nella sua mente l’idea di dare vita a un progetto fotografico, ispirato alla corrente artistica cyberpunk, volto a raccontare la Tokyo notturna. Un’esplorazione, quella compiuta da Wong, gli esiti della quale sono oggi contenuti in TO:KY:OO, un’opera divenuta in pochissimo tempo un bestseller in UK.
I principali attori delle fotografie di Liam sono i taxisti. La sua attenzione nei confronti di questa categoria di lavoratori nacque nel momento in cui, salito su un taxi dopo essere atterrato all’aeroporto internazionale di Tokyo, il conducente indovinò la sua professione semplicemente guardando i suoi abiti dallo specchietto retrovisore. L’interesse per i taxisti lo condusse a realizzare, nei mesi seguenti, una vera e propria indagine sulle abitudini di una categoria apparentemente anonima, abituata a traghettare silenziosamente i passeggeri da un luogo all’altro senza fare domande sulle ragioni dello spostamento e, al contempo, abituata a fare supposizioni sulle vite di quelle persone che per pochi minuti occupano i sedili posteriori.
Emblematica è la fotografia scattata allo scoccare della mezzanotte nel quartiere a luci rosse di Tokyo (clicca qui per vederla). Un autista dal volto stanco attende con pazienza che una coppia esca da un love hotel. La portiera posteriore semiaperta porta le luci interne dell’auto ad accendersi e, così, grazie al bagliore da esse prodotto, a divenire protagonisti della scena sono il volto provato del taxista e la fine tappezzeria ricamata che adorna i sedili, un’ambiente, quello interno al veicolo, caratterizzato da una profonda pace che contrasta nettamente con la pioggia battente che si era riversata sulla città. «Con questa immagine mi sono reso conto che dopo mezzanotte il tempo e le persone si muovono in modo diverso».
La ricerca di Wong si concentra poi sulle geometrie della città. Incredibilmente potenti sono la fotografia di un canale d’acqua che scorre tra enormi complessi di palazzi (clicca qui per vederla) e l’immagine di una caratteristica scritta al neon che sovrasta un giovane intento a sollevare il cappuccio (clicca qui per vederla).
L’imponenza e la profondità di significato di un’opera come TO:KY:OO sono state sapientemente illustrate da Hideo Kojima: «Nelle sue foto si può sentire ciò che normalmente non si vede, strutture stratificate di evoluzioni e decadenza delle città, l’atmosfera delle persone che vi hanno vissuto e vi sono morte».