di Mario Alberto Marchi
Provate a improvvisare una elementare rassegna stampa, tra gli articoli di economia. Magari impostando nella ricerca la parola chiave “lavoro”.
Il risultato sarà confortante. Un po’ ovunque troverete rilievi e previsioni che, con slancio appassionato parlano di livelli pre-covid già raggiunti o da raggiungere a breve, di rimbalzi clamorosi verso una pronta ripresa, nel peggiore dei casi di settori che hanno resistito oltre ogni aspettativa.
Tutto vero, tutto confortato dai numeri e, a maggior ragione, rassicurante nella misura in cui i flussi finanziari del PNRR ancora devono essere impiegati.
C’è però un dato, un pochino nascosto, nel racconto di quelli più macroscopici, che preoccupa e amareggia, perchè ci parla del nostro futuro e degli sforzi delle famiglie, insomma dei giovani: la loro disoccupazione.
Già a settembre scorso passò davvero troppo sotto traccia la notizia che, mentre la disoccupazione in generale era calata rispetto al mese precedente, attestandosi al 9,2%, quella dei giovani tra i 15 e i 24 anni era cresciuta di quasi due punti, facendo registrare un 29,8 %, che ci faceva balzare alla seconda posizione nella brutta classifica europea, dietro solo alla Spagna, dove però la tendenza era al ribasso.
Ebbene, l’inizio dell’autunno ha portato notizie ancora peggiori, con un ulteriore aumento della disoccupazione giovanile a ottobre di 0,6 punti percentuali, col risultato di un 30,3 che ormai ci attribuisce il record comunitario.
Certo, siamo ancora sotto la tragedia del 33,8% registrato a gennaio, ma allora si parlava di un’economia del lavoro totalmente ferma.
Ma va considerato poi un ulteriore risvolto, che riguarda i due terzi di platea giovanile che il lavoro lo trova, perché anche qui non è che il panorama sia proprio roseo.
Da una recente indagine di ADP, risulta infatti che bel il 24% dei giovani che riescono a trovare un posto di lavoro, vi arrivino dopo più di un anno di ricerca.
Il 22% è un poco più fortunato e gira tra colloqui e selezioni tra sei mesi e un anno.
Una lettura geografica ci dice che, in Liguria e in Sicilia, il 26% degli intervistati dichiara di aver trovare un lavoro solo dopo un anno, in Campania si arriva al 27%. Le città più critiche sono Genova (30%), Napoli (26%) e Palermo (25,5%).
Ma quello che nessuna indagine ci dice è quanto il lavoro, così difficilmente trovato, abbia a che vedere con gli studi, con la formazione. Se il 30 % dei nostri ragazzi vive subito la tragedia della disoccupazione è bene domandarsi anche quanto gli altri rischino l’insoddisfazione e le loro famiglie la frustrazione di averli fatti studiare inutilmente.