di Martina Grandori
Il fenomeno è nell’aria da un po’, ma il 2020 sicuramente ha messo il piede sull’acceleratore al diffondersi di questo nuovo, vecchio lavoro.
Sono i millennial farmer, i contadini giovani, istruiti, attenti all’ambiente che per scelta ritornano a fare un mestiere antichissimo, a tu per tu con la terra e i concimi. Agricoltore, giardiniere, specialista degli alberi, agronomo, botanico, custode dei boschi: sono tante le categorie lavorative su cui scommettono giovani che in ufficio in città non vogliono stare. E non si tratta di start-up che implicano l’investimento di solidini propri, qui ci si mette in gioco in prima persona, una libera professione dove formazione, curiosità e conoscenza della rete e delle tecnologie sono alla base di tutto. ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) fotografa così i millennial farmer under 35 che gestiscono una delle oltre 75000 imprese agricole italiane che nonostante debbano fare i conti sia con la pandemia, sia con la Brexit, sia con il calo del PIL, vedono una crescita positiva della loro attività .
Sono più di 3 milioni i lavoratori, ovvero il 13,4% degli occupati in Italia, coinvolti in questo settore in piena crescita, il 2020 è stato l’anno dei cosiddetti green jobs. Ma che cosa sono questi mestieri così ricercati? A questo termine ha dato una definizione l’Unep, United Nations Environment Programme, ovvero l’agenzia dell’Onu che opera nel campo della tutela ambientale. Secondo le Nazioni Unite, si definiscono green jobs “quelle occupazioni nei settori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e sviluppo, dell’amministrazione e dei servizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale”. Vediamo quali sono.
Il giardiniere multitasking, una formazione non solo in ambito di botanica, ma anche un bagaglio culturale da spendere in maniera creativa e interattiva a suon di social, il nuovo giardiniere non è soltanto più un tecnico, è quasi un visionario che unisce il know-how alla capacità di valorizzare parchi, giardini, foreste, tutti contesti che ormai interessano anche alle aziende alla ricerca di un’immagine pro-natura. La salvaguardia delle speci autoctone, diventare storyteller e diversificarsi a seconda del target: il giardiniere multitasking è anche una sorta di guida alle bellezze della natura e per questo deve anche imparare a raccontare incuriosendo storie e aneddoti. La Fondazione Minoprio in tal senso tiene corsi all’avanguardia.
Il custode del bosco, evoluzione di quello che un tempo era la guardia forestale è il moderno portavoce di una selvicoltura sostenibile che mixa sapere antico e competenze forestali costantemente aggiornate, ovvero una buona rete di connessioni perché oggi la tutela di un bosco fa gola anche alle imprese che vogliono farsi notare in termini green. E poi c’è lo specialista degli alberi, oggi saper scegliere cosa piantare, come curare e potare non è così scontato, i giardini d’autore sono diventati una sorta di museo della botanica con riconoscimenti internazionali molto importanti. Anche l’arboricoltore, ovvero il dottore degli alberi che interviene quando si ammalano, è una figura in ascesa. Infine ci sono le nuove professioni corredate dal suffisso bio: bio-proffessionista, lo specialista in bio-laghi, il bio-contadino e tutte quelle evoluzioni legate al discorso della coltivazione biologica che ormai è diventata una garanzia di successo. La domanda di cibo bio è in costante aumento, permette a chi pratica la questa coltura di avere molte più possibilità, genera anche maggior numero di posti di lavoro perché le coltivazioni biologiche necessitano di più mano d’opera.
Evviva le guardie di sua maestà Madre Natura.