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martedì, 17 Dicembre, 2024

Le maschere di pietra – cultura apotropaica tra le antiche rughe di Francavilla Angitola

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Il culto delle maschere apotropaiche o divinità domestiche a scopo scaramantico ed esorcizzante, proteggere la propria casa da pericoli reali o astratti affonda le sue radici nella superstizione. Pertanto, custodire la propria dimora con elementi zoomorfiche aveva lo scopo di allontanare gli spiriti maligni e preservare l’abitazione dal malocchio e da qualunque altra affascinazione, anche perché similia similibus curantur, l’orrore riesce a scacciare il demoniaco perché simili.
In Calabria, in genere e nell’angitolano in particolare ancora oggi sono visibili maschere di pietra a cui venivano affidate la salvaguardia della casa dagli spiriti del male: ai ferri di cavallo, grattugie, corna di bue, forbici arrugginite, amplificano l’intensità protettiva secondo credenze primordiali. La maschera di pietra, comunque, è la più diffusa detta apotropaica (dal greco antico αποτρεπειν – apotrepein, “allontanare”). Termini che gli antichi attribuivano a figure deformi e grotteschi in grado di deviare lo sguardo malefico dell’avversario.
Questi maschere di pietra, dalle sembianze mostruose venivano affissi sugli stipiti delle porte, sui balconi, sulle finestre o dentro casa per proteggere l’abitazione. Oggi, in territori dove l’arte figula è diventata maestranza di prestigio come nelle botteghe di Seminara, è lavoro artistico interpretativo magico rituale di grande pregio. Nella tradizione popolare queste raffigurazioni le veniva attribuito un potere divino per scacciare il malocchio e gli spiriti maligni. Le iconografie di queste maschere è notevolmente variegata anche se spesso richiama figure antropomorfiche più o meno spaventose derivate dal simbolismo e dalla mitologia di matrice magno-greca. “Sulle antefisse dei templi greci e romani, ad esempio, campeggiano talvolta raffigurazioni di satiri o gorgoni realizzati in pietra o terracotta. L’antropologo Raffaele Corso, invece, nel suo “Amuleti” ricorda come “nelle campagne e nei borghi, sull’arco della porta di ingresso delle case si vedono delle maschere, ora scolpite in pietra viva, ora plasmate in creta”. Tra quelle scolpite si ricorda, ad esempio, quella che vegliava sul portone di Palazzo Mumoli, nel rione Giudecca a Nicotera”. Alcune di queste maschere risultano rozzamente scolpiti a bassorilievo e, comunque, tutte con un effetto inquietante. Nell’atto di provocare vengono rappresentate con lingua penzolante, naso storto, occhi sporgenti capelli arruffati e le corna.
Da secoli, alle cosiddette facce o teste apotropaiche viene attribuita una valenza magica a protezione delle case e di coloro che vi abitavano, ma anche per incutere timore nei passanti. Percorrendo le antiche rughe dell’antico sito di Francavilla Angitola la pietra è la sua vera spina dorsale, cuore più profondo della sua storia, della sua cultura e delle sue tradizioni e in essa si lega il myth. 
Guardiani della soglia incisi nella pietra viva ad indicare forza e indistruttibilità, continuità di spazio e tempo della tradizione, che prende origine nelle civiltà egiziane e si proietta per tutte le terre del Mediterraneo crocevia tra Oriente e le comunità rurali d’Occidente, legati alla credenza nel malocchio, nelle influenze negative, che si credeva popolassero lo spazio degli uomini.

Prof. Pino Cinquegrana
Antropologo

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