La politica italiana continua imperterrita a puntare sul fattore immigrazione per guadagnare qualche consenso sulla pelle degli stranieri e di chi ha la sventura di appartenere a una minoranza. E la stampa fa da spalla a questo gioco, diffondendo notizie di cronaca in modo tendenzioso. In questi giorni i TG nazionali ci informano di ogni minimo sviluppo dell’incidente di Roma, dove un pirata della strada di etnia Rom ha travolto e ucciso una donna filippina. Ci chiediamo se la stampa sarebbe altrettanto attenta e puntuale a riferire tutto se l’autista fosse stato un uomo italiano. Non credo. Del resto negli stessi giorni due ragazzi sono stati uccisi nello stesso modo della donna di Roma, ma di loro non si è parlato. Forse perché l’autista era italiano e i ragazzi stranieri.
I Rom soprattutto sono sempre sotto attacco, per qualunque motivo. In un paese dove la politica è incapace e corrotta, serve un capro espiatorio per deviare l’attenzione dai problemi veri. E così mentre le istituzioni sono sempre più allo sbando e il paese decade sempre più, si attribuiscono ai Rom tutti i mali del mondo. Già il linguaggio che si usa è segno della superficialità e dell’ignoranza della politica (e dell’informazione). Si usa, infatti, il termine Rom come sinonimo di “zingaro”. Ma i nomadi non sono solo Rom. In Italia sono almeno tre le etnie di gitani: i Rom (che sono la maggioranza), i Sinti e i Camminanti. Questi ultimi sono localizzati soprattutto in Sicilia. Allo stesso modo si contrappongono sempre i Rom (nel senso si gitani) agli “Italiani”, come se i nomadi fossero stranieri appena arrivati. Non è così. Molti di loro sono infatti di nazionalità italiana (almeno il 50%) da generazioni.
Ora, non voglio certo dire che non ci sia nessun problema riguardante i nomadi. I problemi ci sono e vanno affrontati. Mi preme però sottolineare due cose.
Prima di tutto il fatto che la questione dei nomadi non è la più pressante in questo momento. Da anni ci sono problemi di campi abusivi e di degrado, problemi ormai incancreniti, per cui nessuno fa nulla di serio. I vari politicanti e amministratori (Lega Nord in testa) sono stati capaci fino a ora di fare solo discorsi basati sul pregiudizio e sul qualunquismo, discorsi ben confezionati per toccare l’emotività e la rabbia della gente. Peccato non siano stati altrettanto bravi nell’affrontare il problema e risolverlo. Ma forse non c’è mai stata (e non c’è tuttora) la volontà di risolverlo. Il problema dei nomadi è una pacchia per quei politici che usano il qualunquismo e il populismo per guadagnare facili voti. Nemmeno le politiche fatte negli anni scorsi, fatte di provvedimenti draconiani all’insegna dell’abbattimento delle baracche, hanno portato alla soluzione. Ma anche qui abbiamo un esempio di propaganda razzista. Quando l’amministrazione arranca, non c’è nulla di meglio di una bella immagine di efficienza e “tolleranza zero” con tanto di ruspe in movimento. Peccato che dopo aver speso i soldi del contribuente per distruggere le baracche, nulla sia cambiato. Le persone sloggiate non hanno altra scelta che ricostruire le baracche, magari spostandosi poco più in là. E così l’unica cosa che si è fatto è aggiungere altra sofferenza a chi già vive in miseria e degrado. C’è chi, addirittura, non esita a inventarsi balle di sana pianta pur di diffondere strumentalmente odio verso i gitani (e non solo). Ricordo che nei primi anni ’90 la Lega Nord andava dicendo in giro che lo stato pagava uno stipendio di un milione e mezzo di lire a ogni nomade, bambini compresi. Ovviamente la gente, sentendo una cosa simile, si arrabbiava parecchio e gridava all’ingiustizia. E non si potrebbe darle torto se la cosa fosse vera. Purtroppo per i leghisti, lo stato non ha mai stipendiato i nomadi. Questa falsa notizia gira tutt’ora. L’ultima volta che l’ho sentita (pochi mesi fa) il presunto sussidio era di mille euro. E se per caso vi venisse il dubbio che questa leggenda metropolitana sia solo un’invenzione di qualcuno al di fuori della Lega Nord, un qualche razzistello da bar sport, devo dire che non è così: sentii di persona un candidato al Senato per la Lega Nord sostenere senza vergogna la cosa durante una conferenza elettorale.
La seconda cosa, e veniamo al punto di questo articolo, è la crescita continua del razzismo tra la popolazione. Le persone, già arrabbiate per la crisi e per i continui sacrifici che vengono loro chiesti, reagiscono a queste notizie e alla propaganda televisiva in modo spesso ingenuo. Così nascono pregiudizi, generalizzazioni pericolose, contrapposizioni nette tra un “noi” e un “voi” privi di senso reale, ma molto efficaci nel far salire l’odio e la rabbia. E questo non può che far aumentare anche i consensi a quei movimenti di estrema destra che sull’odio razziale fondano gran parte della loro ideologia (anche se poi lo negano). Casa Pound, per dirne una, ha manifestato a Roma contro i Rom in conseguenza all’incidente di cui parlavo prima, chiedendo che i Rom siano cacciati, perché per loro se un Rom commette qualcosa allora tutti i Rom sono delinquenti. Anni fa la Mussolini chiese, sull’onda dello stesso qualunquismo, che l’ambasciatore rumeno in Italia fosse cacciato perché un rumeno aveva stuprato e ucciso una donna. Era il periodo del “pacchetto sicurezza” e i media nazionali insistevano particolarmente sui casi di stupro, in particolare su quelli che vedevano protagonisti uomini rumeni. Ricordo questo periodo di caccia allo stupratore rumeno per collegarmi all’ultimo punto: l’aggressione odierna a un uomo rumeno a Roma.
Quando il razzismo cresce, è inevitabile che qualche testa calda prenda iniziative anche violente. E così tre ragazzi romani, vicini, pare, a quelle estreme destre di cui si parlava, hanno aggredito un uomo, colpevole solo di essere straniero, urlando “sporco rumeno vattene via”. L’uomo è stato anche picchiato e i tre gli hanno tagliato due dita. Ora i facinorosi sono stati arrestati e dovranno rispondere di tentato omicidio, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni gravissime. Il tutto con l’aggravante del razzismo (legge Mancino).
A quando una presa di responsabilità di politici e giornalisti?
Enrico Proserpio