di Martina Grandori
E proprio Slow Food Italia ci ricorda che la biodiversità in cucina passa anche attraverso gli asparagi, sì proprio da questa verdura preludio di primavera e di piatti creativi. Della famiglia delle liliacee, la stessa di aglio e cipolla (oltre che di mughetto e giglio), l’asparago è un ortaggio originario del Medio Oriente, il termine asparag, in lingua iraniana, significa germoglio. Da millenni è presente in tutto il bacino del Mediterraneo, oggi è coltivato in diverse parti del mondo: Nord e Sud America, Cina ed Europa del Sud, principalmente Italia (terzo produttore europeo), Spagna e Francia. In Italia lo si coltiva principalmente in Puglia (50%) e a seguire in Veneto, Campania, Toscana, ed Emilia Romagna. Non tutti sanno che l’asparago è una pianta dioica, esistono cioè le piante che hanno gli organi riproduttivi maschili e delle altre con gli organi riproduttivi femminili. Dai fiori femminili fecondati, si formano i frutti, piccole bacche rosse, ghiotte per gli uccelli che cibandosi spargono qua e là quei – molto spesso lungo le rive dei corsi d’acqua – semini che poi germineranno e origineranno nuove piantine, ecco perché in campagna è facile trovare piantine selvatiche di asparagi. La parte commestibile non è il frutto, ma il turione, cioè il fusto. È una pianta longeva, vive fino a 10 anni, le colorazioni diverse dipendono dal tipo di esposizione al sole, più è bianco e meno è amico del sole, viceversa più è verde.
Sono circa 10 le specie di asparagi che si trovano sui banchi dei mercati. Va detto che con l’anno della pandemia, i prezzi sono pressoché crollati perché la richiesta ai produttori da parte del settore della ristorazione è inesistenteEccole.
Della trilogia veneta fanno parte l’asparago bianco di Bassano, leggermente dolciastro e senza fibrosità perfetto per i risotti; l’asparago bianco di Cimadolmo, dal sapore delicato per vellutate o assieme alle uova; l’asparago di Badoere, marchio IGP, che crescendo in terreni sciolti e calcarei, ha un sapore fra il dolciastro e quello di un legume, eclettico per primi piatti.
L’asparago violetto di Albenga è il solo asparago a possedere 40 cromosomi anziché 20, impedendogli di ibridarsi con altre specie massima la sua purezza, ma allo stesso tempo sempre più raro, tanto da diventare un Presidio Slow Food. Si raccoglie rigorosamente a mano, consistenza morbida e il gusto dolce e burroso lo rendono un asparago molto pregiato, ma anche estremamente delicato. Richiede cotture minime, preferibilmente al vapore.
L’asparago verde di Altedo coltivato su terreni sabbiosi a cavallo delle province di Bologna e Ferrara. La consistenza è tenera e il gusto dolciastro ma ben definito: il suo profilo aromatico importante lo rende adatto a sostenere primi corposi e secondi di carne e pesce al forno o alla griglia.
L‘asparago rosa di Mezzago Gambo bianchissimo e punta di un rosa delicato, è una specialità a Denominazione Comunale della provincia di Monza e Brianza. Il merito di questo look è del terreno argilloso con presenza di minerali ferrosi e della raccolta, che avviene dopo una limitatissima esposizione al sole. Si presta come ripieno abbinato alla ricotta per dei ravioli delicati ma sfiziosi. L’asparago rosa di Nogaredo al Torre, originario della provincia di Udine), è protetto dall’Arca del Gusto Slow Food in quanto prodotto storico della zona, probabilmente frutto di incrocio tra una varietà selvatica e una francese introdotta a suo tempo dalle truppe napoleoniche. Si presta per creme e risotti, ha una produzione molto limitata. L’asparago Belle di Argenteuil arriva da Parigi, gusto sofisticato e prelibato, tutto bianco con punte a tratti rosa porpora, si coltiva nell’Île de France da circa 200 anni, 2 secoli in cui, oltre ad arrivare sulle tavole di buongustai di tutta la Francia, vinse diverse medaglie all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 e presente nei menù del Titanic, ovviamente in prima classe. L’asparago montine si coltiva da secoli sulla sottile striscia di terra che si trova tra il mare e la laguna nord di Venezia, complice anche la composizione del terreno, si ottengono ortaggi dalle notevoli proprietà organolettiche. Ottimo non solo cotto, ma anche crudo, anche questa varietà è protetta dall’Arca del Gusto Slow Food. L’asparago bianco di Zambana è tipico del Trentino, cresce lungo le sponde dell’Adige. Può essere bianco se la testa non fuoriesce dal terreno o con sfumature nei toni del rosa, blu e violetto a seconda dell’esposizione alla luce. Se lasciato maturare, diventa verde. E infine l’asparago selvatico (l’asparagina), varietà spontanea, molto saporita ma dalle sembianze meno perfette rispetto a tutti gli altri cugini. Spontanei, raccolti a mano si trovano nei mercati, o nei prati lungo i fiumi.
Ma l’asparago, oltre ad essere un cibo prelibato dalle proprietà benefiche – tra i più ricchi di fibra, pochissimi grassi, proteine e zuccheri molto ridotti, ricco di minerali essenziali come il calcio, il fosforo, il magnesio e il potassio, oltre ad un alto contenuto di antiossidanti e di vitamina A, K, B6, C e acido folico. Ricco di triptofano, un amminoacido che serve per sintetizzare la serotonina, aiuta a sentirsi più felici.
Nell’antichità già Plinio il vecchio e Apicio, primo cuoco nella storia, descrissero la coltivazione degli asparagi e le numerose ricette che con essi si potevano preparare. Anche Virgilio, grande amante della natura, apprezzava molto gli asparagi. Oggi? Piace agli chef, piace ai salutisti, piace a chi ha voglia di conoscere e sperimentare cibi semplici di campagna.