L’anguilla sfumata una specialità della laguna di Orbetello. Di origine spagnola, rappresentò per secoli il sostentamento base dei pescatori. La preparazione è complessa: prevede una marinatura, seguita da un’affumicatura aromatica e delicata. L’affumicatura, insieme alluso del sale ed all’essiccamento, è una delle tecniche più antiche di conservazione.
Spicca per l’originalità l’anguilla sfumata, tipica conserva ittica prodotta da sempre nella laguna di Orbetello, sulle coste della Maremma Toscana; qui l’arte di conservare il pesce risale alla dominazione spagnola del XVII secolo. I pescatori orbetellani impararono dagli spagnoli ad affumicare l’anguilla ed altri prodotti ittici, abbondanti nella laguna. Questi pesci, prima di migrare verso il Mar dei Sargassi, unico luogo di riproduzione delle razze europee ed americane, vivono nelle acque vallive per circa sei anni. Poco prima della partenza, da ottobre ad aprile, i pescatori catturano soprattutto le anguille immature, note anche come anguille torte, più saporite di quelle mature, dette anche dritte.
Dopo la cattura, i pesci vengono fatti morire coprendoli di sale, poi lavati con acqua corrente per togliere la sostanza vischiosa (ganoina) che ricopre la pelle; l’eviscerazione avviene dopo aver fissato i pesci sopra un supporto, attaccandoli per la gargia (branchie). Con un coltello appuntito si esegue un taglio partendo dalla testa; una volta pulite, si sovrappongono intervallate da uno strato di sale, poi si copre tutto con aceto di vino. Dopo circa un’ora di questa marinatura, si tolgono dall’aceto, s’infilano in appositi spiedi e si fanno asciugare al sole ed al vento per una giornata. Le anguille sono pronte quando formano un archetto ed il dorso è asciutto. Si cospargono di salsa di pepe, preparata in autunno quando ci sono i migliori peperoni rossi “corno di bue”.
La ricetta della salsa
É antica e così preparata: i peperoni vengono cotti con peperoncino rosso piccante, sale ed aceto; il tutto, passato e coperto con olio extra vergine d’oliva. Con questo intingolo, si cosparge il ventre aperto delle anguille. A questo punto, si accende il fuoco e quando c’è la brace si buttano sopra finocchio selvatico, rosmarino e alloro, al cui fumo si espongono le anguille, non troppo vicine al fuoco. Raffreddate, s’accoppiano pancia contro pancia, s’incartano nella carta vegetale o nella carta gialla, così vengono poste in commercio.
Si degusta in diversi modi: come antipasto totalmente tagliata a pezzetti, sopra a dei crostini caldi, cotte alla griglia, in saporiti primi piatti con pasta… il tutto, accompagnato con un buon bicchiere di vino rosso della zona.
Sempre con amore,
Graziella Duranti Bini