di Stefano Sannino
Nel suo saggio L’amore e l’Occidente, Denis de Rougemont – celebre filosofo svizzero – descriveva l’amore come un desiderio di amare piuttosto che come un sentimento verso la persona amata. E, esattamente come Tristano posizionò una spada a a dividerlo da Isotta nell’unica notte in cui fu data ai due la possibilità di amarsi fisicamente, così anche le nostre abitudini in campo amoroso sono mutate nell’ultimo anno e molti di noi hanno dovuto fare i conti con tutta una serie di regole che, se in passato risultavano normali, oggigiorno hanno cambiato accezione.
Per una società come la nostra, privarsi dell’aspetto fisico, di quel sentimento che chiamiamo amore, significa privarsi delle fondamenta di quello stesso sentimento, significa cioè far cambiare inevitabilmente la nostra concezione di amore. Le relazioni che prima nascevano dopo una serata, una nottata di divertimento in discoteca, di condivisione del piacere sul campo, oggi nascono invece sulle app di incontri, sui social media, in attesa che termini questa emergenza sanitaria che ci vede tutti bloccati a casa o comunque privati dei normali luoghi di aggregazione. Paradossalmente, ed in modo piuttosto ironico, il lockdown agisce oggi come quella spada affilatissima che Tristano mise a separare il suo corpo da quello di Isotta, per evitare che il suo desiderio fosse soddisfatto. Noi tutti desideriamo tornare a vivere per ricominciare ad incontrare l’altro. Eppure in qualche modo ci piace non incontrarlo, ci stiamo rendendo conto cioè che l’isolamento non solo ci sta inducendo a cambiare moltissimi aspetti della nostra vita sentimentale, ma che inconsciamente questa concezione all’antica dell’amore, ci piace anche. Il fatto che ora sia quasi obbligatorio un corteggiamento e il fatto che il desiderio sia sublimato nella mancanza di attività sessuale, non solo ha mutato la nostra concezione di amore, ma ci ha riportato indietro di diversi secoli quando tutte queste cose erano normalissime. Mai come ora, di fronte a simili cambiamenti nel tessuto sociale e nella nostra concezione di amore e di corteggiamento, è dunque appropriato riconoscere nell’idea di De Rougemont qualcosa di universale ed indiscutibile: che cioè ciò che piace non è tanto l’oggetto del nostro desiderio, quanto piuttosto il fatto di amare qualcosa, il fatto di non sentirsi soli, il fatto di venire apprezzati dall’altro. Ma, abbandonata la carne a causa del lockdown, l’amore si è svestito di quella falsa ipocrisia che lo aveva caratterizzato nell’ultimo secoli, ed è tornato ad essere ciò che sempre stato: amore dell’amore e non amore dell’altro.