di Gabriele Rizza
L’Italia è uno strano paese, dove i problemi endemici vengono rivolti all’attenzione pubblica solo quando si può far vendere qualche giornale in più o i politici di turno possono guadagnarsi qualche like. È il caso della cura delle nostre spiagge, argomento di moda solo quando la stagione permette di piantare gli ombrelloni e di far girare l’economia con i turisti. C’è chi però si batte per tenere sempre alta l’attenzione: la onlus Fare Verde ha tenuto il 7 febbraio la XXX edizione di “Mare d’inverno”. Migliaia di volontari hanno ricambiato l’abbraccio della costa che protegge per natura la nostra terra raccogliendo tonnellate e tonnellate di quei rifiuti che l’uomo disperde nel mare e che poi ritornano sulla riva a ricordare gli effetti catastrofici della concezione moderna dell’uomo al di sopra della natura.
L’iniziativa di Fare Verde è anche una delle più antiche manifestazioni ecologiste in Italia, quando ancora non si discuteva di green economy ed auto elettriche, e Greta Thunberg era lontana dal nascere. Dietro “Mare d’inverno” non c’è solo la raccolta di plastica e altri prodotti inquinanti, c’è la sensibilità ad un tema messo in secondo piano anche dai professori dell’ecologismo liberal: l’erosione costiera, ossia l’arretramento della linea costiera, processo naturale quanto accelerato e, in alcuni casi, causato dall’azione dell’uomo e dalle sue costruzioni sulla costa quali abitazioni, porti, ponti, infrastrutture e deviazione di canali. Tema difficile per gli spot verde- fucsia, perché prendersi cura delle spiagge non porta a nessuno di quei nuovi beni di consumo buoni solo a far crescere il fatturato delle multinazionali che spalleggiano l’ambientalismo di salotto. Il tema dell’erosione costiera, come posto da sempre da Fare Verde, mette in discussione culturalmente il nostro modello di sviluppo e non solo il modello di produzione, come invece fa l’ecologismo capitalista e infantile dei “gretini”. Chiaro in questo senso è il volontario di Catanzaro, Domenico Barbaro: “Un certo ecologismo è figlio dell’ideologia globalista che mette al centro quelle stesse multinazionali che hanno inquinato le nostre spiagge, montagne e città. Invece bisogna tornare ad un ambientalismo non ideologizzato, che mette al centro l’uomo e il suo rapporto con la natura”. Del resto, l’ambientalismo sponsorizzato in TV mostra sempre tutto il suo l’utilitarismo dietro il pietismo: l’ambiente come opportunità economica e non come occasione di riscoperta di valori, antichi legami e azione disinteressata.