di Veronica Graf
Potrebbe sembrare solo un consiglio da web, o una fake news: la vitamina D può aiutare a prevenire il rischio di contrarre il Covid-19. La sua carenza invece è un fattore di rischio. La notizia ha circolato per alcuni giorni, ma non era per nulla confermata.
In Italia è stata poi confermata da due docenti dell’Università di Torino, Giancarlo Isaia e Enzo Medico. I loro primi dati dimostravano che molti pazienti ricoverati per la patologia presentano diffusissima ipovitaminosi D. Erano subito stati criticati perché erano dati non convalidati scientificamente, e perché potevano generare un sovra-consumo inutile di integratori.
Ora però uno studio ufficialmente pubblicato sulla rivista Aging Clinical and Experimental Research, dimostra che in Europa esiste una associazione precisa tra bassi livelli di vitamina D e numero di casi e l’ elevato tasso di mortalità. Un giusto apporto di vitamina D, dunque sembra permettere contagi inferiori e meno perdite.
I ricercatori della Anglia Ruskin University di Cambridge e del Queen Elizabeth Hospital di Londra, si sono accorti d’una caratteristica valida per tutta l’Europa: bassi livelli di vitamina D ed elevatezza di casi di coronavirus e conseguente mortalità.
La vitamina D, costituita in realtà da 5 diverse vitamine, è un composto che si scioglie nei grassi, viene prodotto dalle cellule della pelle quando vengono esposte al sole (basta un’ora al giorno) oppure va assunta nei cibi che ne sono ricchi, come salmone, aringa, sgombro, sardine, ma anche l’olio di fegato di merluzzo, latte e yogurt interi, burro, formaggi grassi, uova, e le verdure a foglia verde, funghi e cioccolato.
É indispensabile per permettere l’assorbimento intestinale di calcio e fosfato, due minerali fondamentali per la formazione delle ossa e dei denti. E protegge dall’osteoporosi. Ha un ruolo come neurotrasmettitore e ha una influenza sul sistema immunitario, perché modula la risposta dei globuli bianchi, infatti protegge dalle infezioni acute del sistema respiratorio. Produce un antimicrobico, previene anche il rilascio delle citochine infiammanti, che nei malati di Covid è una delle cause di aggravamento.
Oltre a diminuire il numero di morti, la vitamina D potrebbe anche diminuire il numero dei casi. Ha infatti un ruolo legato all’Ace2, l’enzima di conversione dell’agiotensina2, a cui il virus si attacca per entrare nelle nostre cellule. In realtà Ace2 è presente anche nel sangue, dove invece agisce come anticorpo neutralizzante, in questo caso favorito dalla vitamina D. Gli autori dello studio hanno dimostrato che nei giovani colpiti la sua diminuzione è inferiore a quella degli adulti, e nelle donne è meno che negli uomini. Il che sarebbe un altro fattore che spiega il motivo per cui la mortalità negli uomini è più alta.