Sabina Guzzanti per me è sempre stata un mito. La famiglia Guzzanti in generale è sempre stata degna di attenzione: comici, giornalisti, sceneggiatori, attori e fondamentalmente estremamente politicizzati (il padre da una parte e i figli dall’altra). Ma Sabina e Corrado sono sempre stati incredibilmente sagaci. I loro personaggi erano favolosi e incredibilmente comici. Sia per trucco che per battute, mettevano in ridicolo i politici italiani in modo intelligente e mai volgare. Devo dire che tutto questo è solo un lontano ricordo. Da decenni oramai Sabina ha smesso di far ridere, diventando quasi grottesca nelle sue campagne politiche di esternazione contro “la politica”. Strano perché queste campagne sono sempre fortemente condotte contro la politica di centro destra e a volte contro il buongusto. Ricordo la polemica e gli scherzi contro la povera Oriana Fallaci e la sua malattia. Il tentativo della regista è semplice. Dire agli spettatori già all’inizio che quello che vedranno è solo una rappresentazione ma poi condurre tutto il film come se fosse un documentario inchiesta dove lei ha la verità ultima delle cose; dove alle domande lasciate aperte si propone una risposta ovvia; dove sembra di rivedere i sermoni di Santoro e Travaglio conditi da quella fotografia pseudo Michael Moore che fa
tanto chic. “La Trattativa” è un film sulla relazione Stato-Mafia e sui patteggiamenti che ipoteticamente ci sono stati.
Il film, che non ha avuto stranamente i soliti finanziamenti pubblici, è stato costruito in 4 anni di lavorazione, ha richiesto una grande mole di lavoro di ricerca e soprattutto una capacità di legare con un filo invisibile gli eventi. Il tema è caldo nella società italiana di oggi che cerca di capire il suo presente cercando di analizzare il suo passato. Inoltre se pensiamo che la solita storia dei complottoni globali fa sempre botteghino, l’interesse potrebbe essere alto. Peccato che tutto questo lavoro sia solo frastornante per lo spettatore. Peccato che nonostante l’autrice all’inizio dichiari che è un lavoro di “interpretazion e” ed uno “spettacolo”, alla fine sia un finto documentario arido e che con la forma dell’inchiesta induca lo spettatore a ipotizzare che la Guzzanti abbia ragione. Peccato che l’impegno civile che vuole trasmetterci la regista è solo una farsa da palcoscenico. Peccato che non ci sia una vera trama ma che sia una specie di tv blob ove se affianco una immagine di un film dell’orrore e dopo pochi secondi mostro il mio avversario politico, lo spettatore identifichi l’orrore con il personaggio. Peccato in ultima analisi aver buttato via del tempo a vederlo…ma una chance a chi aveva inventato caricature come D’Alema, Berlusconi , Annunziata era necessario darla. Il mio è un accorato appello: Sabina torna a fare quello che ti riesce bene!