di Stefano Sannino
Teofania è un termine di origine greca che può essere tradotto letteralmente con l’espressione “manifestazione di Dio”. La Teofania, dunque, non è altro che l’entrata di Dio nel mondo fenomenico della realtà, nell’insieme delle cose percepite dall’essere umano. Il termine greco epifania, essenzialmente sinonimo di Teofania, è ancora oggi utilizzato quasi quotidianamente grazie alla religione cristiana che ne ha fatto una festività del mese di Gennaio.
Nonostante questa interpretazione teologica la Teofania, essendo nient’altro che una manifestazione del divino, può assumere diverse forme e caratteristiche tanto che, nel corso della storia, ogni religione ed ogni culto hanno avuto le loro manifestazioni divine: incarnazione, resurrezione e avatara sono solo alcune delle parole che nel corso della storia delle religioni sono state impiegate per descrivere questa particolare manifestazione sensibile degli dei.
In termini meno teologici, si potrebbe però affermare che la teofania sia qualcosa che tutti possono esperire nel momento in cui entrano in contatto con la sfera del sensibile, del naturale: guardando la luna e le stelle, ascoltando il canto degli uccelli, scrutando l’orizzonte durante il tramonto.
In una visione panteistica, questi sono momenti in cui una Teofania è possibile, in cui cioè la percezione dell’extra-umano entra nell’umano, in cui naturale e sovrannaturale si sovrappongono in un insieme di sensazioni che inducono all’estasi, alla pace, all’illuminazione.
Dopotutto, gran parte dell’esperienza umana si riduce proprio a questo: a guardare oltre.
Allontanandoci dunque dal significato originario di manifestazione fisica di Dio, possiamo pensare alla Teofania come a qualcosa di cui l’uomo ha un reale bisogno, specialmente nel mondo moderno.
Con l’avanzare della tecnica e della tecnologia, con il progredire del distacco tra l’uomo e la natura, con la separazione progressiva della sfera emotiva da quella sociale, è più che normale che coloro che hanno conservato una sensibilità particolare continuino a ricercare di più, ad andare oltre: questo non significa necessariamente riconoscersi come fedeli di una determinata religione, quanto piuttosto ammettere a se stessi che la spiritualità è prima di tutto uno stato di innamoramento; essere spirituali significa infatti essersi innamorati del mondo e trovare nel mondo la divinità.
Che poi questa divinità si chiami Allah, Buddha, Šiva, YWHW o in qualsiasi altro modo non importa, perché ciò che conta davvero è non perdere l’abilità di guardare al mondo e di vedere di più, di non vedere solamente una roccia quando si guarda ad una montagna né di vedere solamente acqua quando si guarda il mare. Il segreto è sentire le litanie nascoste nel canto degli uccelli, ammirare le danze sinuose nel movimento delle onde del mare, riuscire a vedere sempre quel di piùrispetto a ciò che appare.
La Teofania, dunque, non è altro che un andare oltre il dato sensibile, un ricercare spasmodicamente quel senso di innamoramento che dall’alba dei temi ci lega al mondo che ci circonda ma che, a causa del progresso, stiamo tempestivamente smarrendo nella fredda luce dei nostri smartphone.
Basterebbe alzare la testa, però, per distogliere il velo di Maya e vedere finalmente “Dio”.