… Coperta dai rumori di fondo della vecchia politica di sempre. Pur con tutta l’apertura di credito nei confronti dei promotori dell’iniziativa, è stata troppa l’asimmetria tra le intenzioni e chi si è riproposto di portarle avanti in quel del cinema Adriano di Roma.
Più preoccupati di prevenire veti incrociati che di rimarcare i problemi di credibilità da sciogliere, i quali, erano alla base delle reali possibilità di riuscita nell’impresa, si è, invece, respirata un’aria politica che denota del tutto la fragilità estrema del tentativo posto in essere.
Ci dispiace rimarcarlo, ma non è bastata la freschezza politica di alcuni a mettere in secondo piano, nell’evento, l’improponibilità del personale politico che ha fatto da protagonista su quel palco.
Dalle due estremità del paese (Tosi e Fitto) che, alle prese con i loro trascorsi politici, non sappiamo neanche che fine faranno quando al pettine verranno i nodi e soprattutto i procedimenti giudiziari in corso nei quali, a vario grado, sono interessati, a ciò che vi era nel mezzo (la Meloni che in vita sua oltre a fare la politica di professione non ci risulta abbia fatto altro finora), non si è visto, nella sostanza, alcunchè che lasciasse intendere un vero cambio di marcia.
E ad alimentare almeno la speranza di certo non hanno aiutato gli Urso protagonisti sul palco, per non parlare dei La Russa e degli Storace presenti nelle prime fila del cinema-teatro. Mancava solo Fini e lo statalismo di area degli ultimi vent’anni era al completo.
Era un tale museo delle cere che, semmai, doveva fare da sfondo all’evento, non il resto che, pure, a parte credibili eccezioni, non era da meno in quanto a profilo politico non propriamente riconducibile a nessuna offerta politica seriamente vocata per storia al libero mercato, la Moroni su tutti.
Curiosa, poi, l’iniziativa presentata di ‘adottare una pubblica amministrazione’, come se non bastasse il fatto di mantenerle a spese dei contribuenti ed occorra anche fornirle di tutor, piuttosto che sostituirle qualora si rivelassero inefficienti.
Con troppa, evidente, dipendenza dal vecchio, il nuovo si è, quindi, presentato a questo evento e tutto ciò lascia pensare che più che una sveglia si sia trattato del requiem, non di un’area politica pur alle prese con non più eludibili problemi di credibilità, ma di un’iniziativa evidentemente troppo ambiziosa per chi sembra di avere 80 anni ancora prima di compierne 30.
Su giovani, non si è visto mai alcuno svegliarsi a forza di tranquillanti e sonniferi, osiamo un po’ di più, al prossimo tentativo.
Cristiano Mario Sabbatini