La cultura non è aliena dagli aspetti prettamente socio-economici che compongono una società civile, le grandi aperture culturali e mentali sono il volano di tutti i più grandi cambiamenti tecnologici, sono il carburante di tutto il recupero di competitività che dobbiamo effettuare in tutti i settori della vita civile. Dall’efficienza della forma-Stato, al modo di fare impresa e pensare al lavoro. Dai diritti civili al modo di immaginare la scuola, dai programmi da insegnare al suo interno, alla qualificazione di chi deve insegnarli.
C’è da riqualificare tutto o quasi e dobbiamo farlo a partire da un preciso orizzonte culturale, condiviso, inclusivo, coraggioso, adeguato alle società di tipo post-industriale come la nostra, dove non vi sono più i ‘pensieri forti’ che modellano secondo i loro tratti tutta la società, ma ‘pensieri liberi’ che hanno accettato di condividere e confrontarsi in seno alla società a partire dal rispetto per l’altro, dal rispetto per le diversità culturali, religiose ed esistenziali di ognuno.
Dobbiamo cercare i minimi comuni denominatori dell’italianità sparsa nel mondo e nei territori della nostra penisola e da questi costruire un nuovo habitat di valori da condividere per il futuro. Non c’è elemento di positivismo giuridico che non venga dopo questa ricerca condivisa dei minimi comuni denominatori dell’italianità. Non bisogna avere preclusioni o paletti precostituiti in questa profonda opera di ricostituzione identitaria, perchè tutta la società civile deve essere chiamata a prestare il suo contributo al rinnovamento profondo di cui ha bisogno il paese. Senza esclusioni.
Cristiano Mario Sabbatini