di Martina Grandori
Se ne parla poco, se ne parla tanto, non se ne parla del tutto, il giudizio in merito è soggettivo, ma la realtà è una sola: in Italia l’emorragia di lettori continua ad imperversare.
I motivi sono sempre gli stessi, sostanzialmente non c’è più la predisposizione al cartaceo, tutto è veloce e tutto si legge sullo schermo di un cellulare, i volumi si sono trasformati in e-book, oltre a costi fissi folli per chi ha una libreria. Forse gli unici divoratori di libri, perché hanno tempo e perché non hanno problemi di quotidianità sono i bambini, loro sì che leggono.
Ma uno spiraglio di luce che fa pensare positivo arriva proprio da quelle piccole librerie di quartiere, quelle che sono abituate a destreggiarsi nel maremoto dell’incertezza, di una crisi che dura da tanti anni.
Dopo l’arresto imposto dal lockdown (-20%, pari a 363 milioni di euro da gennaio al 18 aprile) il mercato editoriale reagisce passando ad un -11% (533 milioni di euro dall’inizio dell’anno all’11 luglio, mentre nello stesso periodo del 2019 erano 600 milioni), ovviamente ancora perdita è, un netto segno meno ma questo è lo specchio della società. Una recentissima ricerca dell’Associazione italiana editori (Aie) fa sperare in un cambio di direzione, le ferite della chiusura forzata per due mesi ci sono, ma le librerie mostrano una ostinata vitalità.
Le luci sono puntate su quelle piccole librerie di paese che più dei colossi, hanno saputo sfidare il Covid per sopravvivere.
Hanno dimostrato grande tenacia, si sono destreggiati bene con i social, hanno inscenato consegne a domicilio come si fa quando si sceglie Foodora o Deliveroo. Il 70% in meno di vendite pesa su qualsiasi spalla, gli strascichi di questa chiusura forzata pesano, ma proprio per quelle piccole realtà, la ripresa è piccola ma c’è e non bisogna mollare, anche per la clientela che in quel periodo ha comunque sostenuto come poteva i propri librai.
Sono tantissime le storie emerse di grande generosità e solidarietà, nei quartieri delle città, nei paesotti, nelle cittadine, nei borghi i librai sono stati sostenuti da vecchi e nuovi clienti e a loro va la gratitudine perché così si è evitata la disastrosa chiusura dell’attività.
Persino le edicole, che a loro volta sono reseller di libri, spesso si sono dimostrate di supporto per i librai di zona diventando dei punti di consegna per i libri. San Bonifacio (Verona), Bassano del Grappa, Sassari, Ventotene, Camogli: sono solo pochissimi esempi citati dove i librai sono tornati a progettare, a guardare avanti con uno sfumato accenno di euforia vista la ripresa delle vendite già dai primi di giugno. La gente è tornata ad acquistare libri, la pandemia ha fatto riscoprire il piacere di dedicarsi alla lettura, di tempo ce ne era.
Purtroppo il boom delle vendite on-line scatenato dal lockdown si avverte ancora. Considerando i dati dello stesso periodo dell’anno precedente l’impennata è chiara: nel 2019 il 73% delle persone acquistava libri in libreria e solo il 27% lo faceva online, ora siamo quasi alla metà: fra gennaio e aprile il 48% sono acquisti online e il 52% in libreria. Nei mesi successivi però le librerie hanno recuperato quote di mercato, passando dal 52% al 56%, mentre il mercato online è sceso al 44%.
Ora c’è solo da aspettare e sperare che quel lume di speranza, quell’euforia post lockdown non si spengano. La sfida è vedere se nei prossimi mesi il rafforzamento dell’online si manterrà nel tempo, o se i più hanno imparato la lezione e colto il valore delle librerie, officine di umanità. Non solo come punti vendita, ma soprattutto come cardini di cultura, gentilezza e tempo di valore.