di Gabriele Rizza
Una Repubblica che da vent’anni vive di scossoni, di elezioni richieste a gran voce ma che non hanno luogo, di una classe politica delegittimata e soppiantata dai tecnici, questo è il clima del settantacinquesimo compleanno della nostra Repubblica. C’è chi si batte per un’alternativa: la Monarchia. Non in modalità nostalgia, ma come proposta istituzionale per il futuro. Ne abbiamo parlato con Alessandro Sacchi, avvocato civilista, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana, la più antica associazione monarchica italiana.
Può suonare strano a tanti italiani sentir parlare di monarchia, invece perché secondo lei è attuale e anzi, il futuro?
«È una data che divide gli italiani. Anche se si volessero dare per buoni i risultati ufficiali del referendum del 1946 – e buoni non sono perché maneggiati come raccontato da storici e cronisti – l’Italia si spaccò in due perché metà popolazione aveva votato monarchia. Celebrare una data che divide non è una furbata, bisognerebbe festeggiare le date che uniscono come il 17 marzo, giorno dell’Unità d’italia o il 4 novembre, quando l’Italia vinse la Grande Guerra. Invece celebriamo il 2 giugno e il 25 aprile quando la seconda guerra mondiale l’abbiamo persa. Diamo ad occhi esterni di aver perso la prima e vinta la seconda, come se fosse da vergognarsi aver vinto una guerra. Sono stranezze solo italiane».
In un’epoca di sfiducia nella politica, di nuove polarizzazioni, della tecnica al governo, una forma monarchica secondo lei culturalmente cosa potrebbe offrire?
«Non dobbiamo guardare alla monarchia come fu in Italia fino al 1946. Dobbiamo rivolgere lo sguardo alle grandi democrazie parlamentari in Europa: le più funzionanti democrazie sono la Svezia, Danimarca, Gran Bretagna, Spagna… dove al vertice non c’è un Presidente eletto, ma un Re. L’empirismo ci fa capire che la monarchia è un meccanismo che dove c’è funziona, non è per il Re, è il meccanismo della monarchia che fa girare bene tutto. Comparando Repubblica e Monarchia, se un soggetto politico ha avuto un cursus honorum in un grande partito o corrente è difficile che questo stesso soggetto, ora Capo dello Stato, resetti il suo passato, convinzioni, ideologia e amicizie per assumere le vesti di arbitro terzo».
E invece con la Monarchia c’è una terzietà autentica?
«La terzietà nella Monarchia è legittimata e autorevole, come successo in Belgio dove per due anni sono stati senza governo eppure non sono mica crollate le borse, oppure in Spagna dove l’unità tra le varie Comunità regionali è data dal riconoscersi nella Monarchia, altrimenti la Spagna come la conosciamo non esisterebbe. Tutto questo perché la continuità dell’Istituzione a vertice del paese pure nella trasformazione offre un rasserenante senso di equilibrio. Non ci sono scossoni e mercimonio. Invece da noi un voto contrario al governo basta per far salire lo spread. Il Presidente della Repubblica rimane sempre un uomo di parte, altrimenti saremo già andati a votare».
A livello politico, considerando anche che almeno il 15% degli italiani guarda con simpatia alla Monarchia, l’UMI riceve corteggiamenti da parte delle forze politiche?
«Infiniti. Siamo un’associazione nazionale con migliaia di iscritti, presenza in tutte le Regioni e Province. Da quando sono Presidente (dal 2010) ho scelto la prudenza nelle frequentazioni perché l’UMI è apartitica e trasversale. La Monarchia non è un partito, è un’Istituzione, si può essere di destra, sinistra e centro, ed essere monarchico. L’associazione è terza rispetto allo scontro e all’incontro. Abbiamo una grande proposta per l’Italia che si incarna – dopo la recentissima morte del Principe Amedeo – nel figlio Aimone, persona di primissimo ordine, amministratore delegato della Pirelli Russia, e quindi non va a ballare in televisione, ha scalato i vertici di una delle più grandi imprese italiane nel mondo».
Però la forma repubblicana secondo la Costituzione non si può modificare…
«La possibilità di scelta non ci è data per via dell’Articolo 139 (forma repubblicana non può essere oggetto di revisione) della Costituzione con il quale il legislatore costituente blindò la Repubblica. Eppure all’articolo 1 è scritto che la sovranità appartiene al popolo. È un controsenso».
È scomparso proprio oggi il Principe Amedeo. Che ricordo ha di lui?
«È come se fosse morto di nuovo mio padre. Era un uomo buono, gentile, attento e sensibile che guardava sempre negli occhi l’interlocutore. Sapeva ascoltare».