di Gabriele Rizza
Ci hanno provato e hanno fallito, almeno per il momento, i deputati Nicola Fratoianni (Leu) e Matteo Orfini (Pd) a far passare l’introduzione di una patrimoniale per i patrimoni superiori ai 500 mila euro, sia per i beni mobili che immobili. Il senso della proposta è dei più classici, oltre che nobile: in un momento in cui tanti italiani sono in difficoltà, togliere ai ricchi per dare ai più poveri è un atto di giustizia sociale. Non sempre però il giusto spirito di un provvedimento si rivela efficace nel perseguire l’obiettivo.
Facciamo un po’ di storia: l’idea della patrimoniale esisteva fin dai tempi del governo Nitti dopo la prima guerra mondiale. All’epoca era giusto ed efficace togliere ricchezza a chi con la guerra si era arricchito, ad esempio vendendo armi, per darla agli orfani di chi la guerra l’aveva combattuta. Era però un mondo diverso, come lo è stato fino agli anni ’80 del secolo scorso, quando il capitale e la ricchezza erano saldamente legate al territorio di appartenenza e non gli sfuggivano, ossia lo Stato nazionale. Dagli anni 80’ in poi, la ricchezza vera, parassitaria della finanza, si è fatta sempre più internazionale e delocalizzata, diventando nel suo insieme più forte dello stesso Stato nazione, difficile da intercettare e tassare: paradisi fiscali (anche legali europei, vedi Lussemburgo o Olanda), sede fiscale in altri Paesi nel caso dei gruppi industriali, residenza all’estero, solo per elencare alcuni metodi di vera e propria evasione fiscale. È in questa ottica che bisogna agire, ma risulterà inefficace se a farlo sarà un singolo Stato. Nel caso italiano, una vera e propria stangata alla ricchezza privata e alle grandi multinazionali come Amazon, o ai paradisi fiscali come l’Olanda, passano inesorabilmente da un accordo in seno all’UE. Nessuna singola nazione può venirne fuori da sola.
La patrimoniale di Orfini e Fratoianni colpirebbe così il ceto medio- alto, quello però produttivo e che non ha mezzi e astuzia per sfuggire con mezzucci. Occorre quindi guardare diversamente la questione e chiedersi: come può la ricchezza lecita e frutto del proprio lavoro mettersi al servizio del Paese? Più che punire, occorre una misura che incentivi gli investimenti, specie in un anno segnato dal Covid che ha fatto segnare un aumento dei risparmi per molti miliardi di euro. Si potrebbe incentivare l’acquisto dei titoli di stato o far investire in progetti di sviluppo seri in gradi di creare posti di lavoro e far alzare il Pil.
Concepita come ai vecchi tempi, la patrimoniale risulta inefficace. Giusto lo spirito di equità, ma a fare spot sull’equità per fare bella figura in tv non porta a nulla. E nella pratica si otterrebbe solo un misero zero virgola di deficit in meno, senza ricadute positive per gli italiani.