Berlusconi nel libro di Vespa: “Pericolosi, uniscono il veterocomunismo e l’ignoranza”.
7 NOVEMBRE 2018 – BRUNO VESPA – IL GIORNALE
È il nostro venticinquesimo incontro per un mio libro. Nozze d’argento editoriali, iniziate nel 1994 nel parco di villa Certosa a Porto Rotondo, Sardegna («Allora c’erano otto ettari di parco, adesso sono quasi cento» puntualizza il proprietario). Un quarto di secolo in cui il Cavaliere ha governato per quasi dieci anni, tre volte dopo aver vinto le elezioni (1994, 2001, 2008) e una, nel 2005, quando si dimise dopo il pessimo risultato delle regionali per fare un Berlusconi bis.
«Venticinque anni fa» ricorda «sono entrato in politica abbandonando la professione di imprenditore, che mi appassionava moltissimo, perché c’era il rischio che l’Italia finisse in mano ai comunisti, figli dell’ideologia più criminale e disumana nella storia dell’umanità. Adesso guardo nello specchio e vedo un signore della mia età che, per strane vicende del destino, sembra essere ancora chiamato a salvare l’Italia dai 5 Stelle, da una compagine pericolosa perché aggiunge al veterocomunismo giacobino del vecchio Pci una incompetenza e una ignoranza assolute. Per di più, le loro azioni sono sempre ispirate dall’invidia e dall’odio sociale». Nel 1994 il segretario del Pds, Achille Occhetto, si sentiva già seduto a Palazzo Chigi, e invece ci andò Berlusconi. Nel 2018 il Cavaliere era certo di dover trattare con Matteo Renzi una Grande Coalizione frutto di una legge che non prevede vincitori, ed entrambi hanno assistito basiti al trionfo della strana coppia Di Maio-Salvini. «Basito» è il termine che il Cavaliere usa per descrivere la sua reazione al risultato del 4 marzo.
Gli faccio notare che ha sbagliato campagna elettorale, non andando in giro sul territorio. Lui non ha bisogno di grandi comizi, la gente lo avvolge ovunque vada. «È vero», riconosce. «Tuttora fermo il traffico. Mi è successo perfino in Russia, dove ormai mi riconoscono tutti. Avevo affidato ai miei uomini il compito della campagna elettorale sul territorio, mentre io sarei andato in televisione. Ho fatto in media due presenze al giorno in Tv, diventate quattro, sei, dieci negli ultimi giorni. Credo di aver esposto con grande chiarezza il nostro programma per riprendere la crescita e aumentare il benessere. Ero convinto che avremmo migliorato rispetto alle elezioni precedenti e che il risultato sarebbe stato molto diverso da quel 14 per cento che mi ha lasciato basito».
È mancato il territorio, gli altri sono stati più forti sui social. «Riconosco che oggi la comunicazione politica percorre canali diversi da quelli tradizionali. Se è vero che 46 milioni di italiani frequentano le piazze di Internet e che questo è il mezzo preferito dai giovani, devo ammettere che, da uomo di due generazioni fa, sono legato ai mezzi comunicativi tradizionali».
Berlusconi ha dominato la scena per più di vent’anni innovando la comunicazione politica con i giganteschi manifesti grandi quanto un miniappartamento, e con slogan semplici e secchi («Meno tasse per tutti»), ripetuti poi in televisione con un linguaggio diverso da quello troppo articolato e barocco della Prima Repubblica. Salvini l’ha capito con «Prima gli italiani» e con una formidabile presenza sul territorio.
«Ecco perché ha vinto la Lega»
«Le motivazioni del nostro insufficiente risultato sono precise» spiega Berlusconi. «1) Io non ero candidato, e questo ha contato moltissimo. 2) L’impossibilità di essere indicato come candidato premier ha inciso negativamente, secondo quanto ci dicono i sondaggi: la nostra gente vuole Berlusconi, vota Berlusconi e ha avuto la sensazione che Berlusconi stesse per mollare. Il che, naturalmente, non era e non è. 3) La vendita del Milan è stata percepita in modo molto negativo dai tifosi: 2 milioni e mezzo di milanisti hanno voluto punirmi per aver abbandonato i colori rossoneri. Ovviamente io non ho abbandonato alcunché, continuo a essere il primo e più grande tifoso del Milan, ma i costi del calcio mondiale non sono più sopportabili per una singola famiglia».
Osservo che ci sono state anche motivazioni politiche nella vittoria di Lega e Movimento 5 Stelle. «C’è stata rabbia» replica. «Un voto contro la politica, dopo quattro governi non eletti dai cittadini. Poi molte persone della borghesia italiana, quelle che io chiamo l’Altra Italia, sono rimaste a casa, visto che io non ero in lista e visto anche come si presentavano gli altri partiti. Infine, nel Sud ha contato molto la promessa elettorale dei 5 Stelle sul reddito di cittadinanza».
Il Cavaliere mi racconta un episodio accadutogli a San Giuliano di Puglia, il paese del Molise dove il 31 ottobre 2002 morirono per il terremoto sotto le macerie della loro scuola 27 bambini e la maestra. Lui era presidente del Consiglio e si prodigò molto in quella vicenda. «Ero tornato più di una volta a San Giuliano e, quando ci sono andato il 13 aprile 2018 per la campagna delle regionali molisane, ho rivisto e abbracciato tante mamme che avevo conosciuto. Poi sono stato circondato da una decina di miei coetanei. Mi vogliono bene perché, dopo il terremoto, ho realizzato in tempo record un villaggio dotato di tutti i servizi, dove si erano trasferiti con grande soddisfazione. Per chi avete votato alle politiche? ho chiesto. E loro mi hanno risposto con assoluta naturalezza: Ma per i 5 Stelle. Ci hanno garantito che un mese dopo le elezioni avremmo avuto 780 euro a testa…. Questo episodio mi ha fatto capire quanto il reddito di cittadinanza sia stato interpretato come una promessa certa e indiscutibile».
Ricordo al presidente di Forza Italia che il nostro Paese non cresce da vent’anni e che in questo periodo ha governato anche lui. «Scusi, ma devo contestare con forza l’idea che i governi che si sono succeduti possano essere messi tutti sullo stesso piano. I governi che ho avuto l’onore di guidare a differenza degli altri non hanno mai messo le mani nelle tasche dei cittadini con le tasse.
Nonostante questo, abbiamo realizzato straordinarie infrastrutture, basti pensare alla rete ferroviaria ad alta velocità grazie alla quale si va da Roma a Milano in meno di tre ore. Abbiamo gestito in modo esemplare grandi emergenze, come il terremoto all’Aquila un dramma che lei purtroppo conosce bene offrendo in poche settimane una casa solida e decorosa a migliaia di senzatetto, oppure la crisi dei rifiuti a Napoli, che abbiamo risolto in pochi giorni dopo anni di discussioni inconcludenti da parte di chi ci aveva preceduto. Abbiamo investito al Sud più di qualsiasi altro governo nella storia della Repubblica. Ancora, 36 grandi riforme che hanno cambiato a fondo molti aspetti della vita pubblica, e gli effetti delle quali si sono visti negli anni: dalla riforma scolastica all’abolizione del servizio militare una vera tassa sulla gioventù che oggi, incredibilmente, qualcuno immagina di reintrodurre , dalla legge Biagi al poliziotto di quartiere, dalla lotta alla contraffazione a difesa del made in Italy fino a norme che hanno salvato migliaia di vite umane, come la patente a punti o il divieto di fumo nei locali pubblici. Consideri, poi, che noi abbiamo governato nel pieno della peggiore crisi economica del dopoguerra, ma siamo riusciti a mettere in sicurezza i conti pubblici e a mantenere sani i fondamentali dell’economia, compreso un tasso di disoccupazione inferiore di 2 punti alla media europea. Da quando il nostro governo è stato fatto cadere, sappiamo come, la disoccupazione è salita ed è sempre rimasta di 2 punti sopra quella dell’eurozona. Questo nonostante il fatto che negli ultimi anni lo scenario economico internazionale sia stato particolarmente favorevole, e tutto il resto del mondo occidentale abbia ricominciato a crescere».
«Questa situazione» prosegue Berlusconi «è sfociata nel reddito di cittadinanza. Se ci sono, secondo l’Istat, 5 milioni 600mila persone in povertà assoluta e 10 milioni 400mila in condizioni di povertà relativa, è scattato il voto di protesta verso i partiti politici tradizionali ed è stata determinante la speranza nei confronti dei movimenti considerati nuovi». In ogni caso, malgrado il deludente risultato elettorale, Berlusconi si dice lieto che «dopo le elezioni si è tornati alla vecchia tradizione che vuole assegnata all’opposizione una delle due Camere. Quando si è affacciato il nome di Elisabetta Casellati, lei ha prevalso per le sue qualità riconosciute da tutti e confermate nel primo semestre di legislatura. Abbiamo avuto il privilegio di indicare una donna alla seconda carica dello Stato per la prima volta nell’intera storia italiana».
FONTE: IL GIORNALE