In ogni comunità di persone che vogliano condividere la costruzione di una società al passo con i tempi ed efficiente, vi è bisogno dell’apporto di tutti o quasi. Tanto più si parte da una situazione di difficoltà e di declino tanto più questo è vero. Tanto più vi si arriva da una situazione lacerata ed ideologicamente contrapposta, tanto più dovremo fare lo sforzo di trasformare gli elementi di diversità ed eterogeneità culturale in nuovi valori che possano essere condivisi da tutti gli interessati, a partire dalla possibilità di ognuno di poter liberamente incarnare i propri nel rispetto di quelli degli altri. Questa impostazione richiamata non è solo una necessità tipica di tutte le società che, come la nostra, sono collocate in quella che viene definita l’epoca della post-modernità, ma trova i suoi punti di riferimento in molti altri passaggi epocali della storia del pensiero occidentale. Lo Stato laico moderno, fin dalla sua prima apparizione, fu permeato dalla necessità di mettere fine alla contrapposizione religiosa che insanguinava l’Europa del XVII secolo e produsse, da queste differenze confessionali all’epoca irriducibili, lo spazio della possibile convivenza civile che ancora possiamo condividere e valorizzare.
Ognuno degli attori sulla scena dovette rinunciare a qualcosa di suo e definire quasi per via apofatica lo spazio della comune convivenza nel rispetto dell’altro da sè. Questa rivoluzione, questo cammino è ancora in corso e sta a noi compiere l’ulteriore e si spera definitivo passo verso l’obiettivo che possa consentirci, una volte per tutte, di gettarci alle spalle tutti gli ideologismi che hanno caratterizzato negativamente il secolo appena scorso. L’Italia come Stato ha poco più di 150 anni, gli ideologismi che hanno fatto da sfondo alla contrapposizione politica al suo interno, ne hanno 70 circa, ma l’italianeità ha 3000 anni di storia e di successi in tutti campi del sapere e da questi dobbiamo ripartire per immaginare un futuro diverso per i nostri figli in seno al villaggio globale dell’umanità.
E’ una sfida questa culturale, linguistica, comunicativa che non può spaventarci, è scritta nel nostro DNA di gente cosmopolita ed aperta al confronto con le culture da sempre, anche in questo momento così difficile per il paese. Non è un caso che le uniche note positive che ci provengono dalla nostra società ferita, sono quelle dell’italianeità che nel mondo è ancora in grado di farsi valere ed apprezzare per quello che veramente vale ed è in grado di esportare. Sembrano gli aneliti di 3000 anni di storia che ancora animano questo popolo composto da popoli, per tutto il resto in pesante declino, dobbiamo avere la forza di trasformarli nei primi vagiti di un nuovo assetto mentale e culturale, di un nuovo Rinascimento che sappia rianimare l’intero corpo sociale ed economico di questo paese.
Cristiano Mario Sabbatini